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ATTO TERZO 313

il nome di lei non può essere citato accanto a quello del conte: una virtù modesta è l’unica sua dote, e contro di essa non ho mai sentito parlare alcuno.

Dian. Oh povera signora! dev’essere una schiavitù ben dura divenire sposa di un uomo che la detesta.

Ved. Oh sì, povera infelice! Dovunque ella sia, il suo cuore deve soffrire assai, ed anche questa fanciulla, se volesse, le potrebbe cagionare un dolore ben crudele.

El. Che volete dire? Forse che il conte, innamoratosi di lei; vorrebbe indurla ad una passione illegittima?

Ved. Egli fa ogni sforzo, e adopera ogni mezzo corruttore per sedurla, ma ella sa opporre ai suoi assalti la resistenza più virtuosa. (entrano Beltramo e Parolles con tamburi e bandiere, e una parte dell’esercito fiorentino)

Mar. Gli Dei la salvino da tanta sventura!

Ved. Eccoli; ei vengono. Questi è Antonio, il figlio primogenito del duca, e quegli è Escalo.

El. Qual è dunque il Francese?

Dian. Quello del pennacchio bianco: è un bellissimo giovine, e vorrei che amasse sua moglie. Se fosse più onesto, sarebbe più amabile molto. Non è vero che è bello?

El. Mi piace assai.

Dian. E quel pazzo adorno di nastri, perchè è sì mesto?

El. Sarà forse stato ferito nella battaglia.

Par. Perdere il tamburo! Oimè!

Mar. Ha qualche cosa che lo crucia. Guardate che ci ha riconosciute.

Ved. Poss’egli essere appiccato!

Mar. Possa morire sulla forca! (escono Bel., Par., uff. e soldati)

Ved. L’esercito è passato; venite, bella pellegrina, io vi condurrò al vostro albergo. Abbiam già in casa quattro o cinque penitenti che han fatto voto di andare a san Giacomo.

El. Vi ringrazio di cuore. Desidererei molto che voi, signora, è la vostra amabile figlia, voleste cenare con me questa sera. Io penserei alle spese, e per mostrarvi vieppiù la mia riconoscenza, darei a questa giovinetta alcuni consigli degni della sua attenzione.

Tutti e due. Accettiamo volentieri le vostre offerte,

(escono)