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308 È TUTTO BENE QUEL CHE A BEN RIESCE


Gent. È andato a servire il duca di Firenze. L’abbiamo incontrato colà, e colà ritorneremo riempiti che abbiamo alcuni ufficii.

El. Goardate a questa lettera, signora; quest’è il mio passaporto, (legge) «Allorchè tu avrai ottenuto l’anello che porto nel mio dito, e che mai non ne uscirà, è allorchè mi mostrerai uno de’ tuoi figli di cui sarò stato il padre, allora solo chiamami sposo: ma questo allora non verrà mai». — Terrìbile sentenza!

Cont. Recaste voi questa lettera, gentiluomini?

Gent. Sì, madonna; e da quel che contiene duolci d’esserne stati i portatori.

Cont. Pregoti, Elena, abbi coraggio: se per te sola conservi tanti dolori, me ne furi una metà. Egli era mio figlio, ma io ne cancello il nome dal mio cuore, e tu sola sarai la figlia mia. — Quel giovine è dunque a Firenze?

Gent. Sì, signora.

Cont. Per farsi soldato?

Gent. Tale è il suo nobile divisamento: e credete che il duca gli concederà tutti quegli onori che merita.

Cont. Tornate voi colà?

Gent. Sì, signora, e colla massima sollecitudine.

El. (legge) «Finch’io non abbia più moglie, nulla avrò in Francia». Amaro detto!

Cont. V’è anche ciò nella lettera?

El. Sì, signora.

Gent. Fu forse scrìtto dalla mano senza che il cuore vi acconsentisse.

Cont. Nulla avrà in Francia finchè vi avrà una sposa? Non vi è null’altro qui ch’ella sola che sia troppo buona per lui; ed ella meritava un principe, cui venti giovani storditi suoi pari seguissero con rispetto, e di cui riconoscessero ad ogni istante la donna per sovrana. — Chi andò seco?

Gent. Un solo domestico, e un gentiluomo che conobbi un tempo.

Cont. Parolles, forse?

Gent. Appunto.

Cont. È un’anima corrotta e piena di scelleratezze. Mio figlio, sedotto da lui, pervertì un carattere nato onesto e buono.

Gent. Infatti, signora, quell’uomo ha molta malvagità da cui sa trarre buon partito.

Cont. Siate i benvenuti, gentiluomini, e quando rivedrete mie