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ATTO SECONDO 301


Laf. Il diavolo è il tuo padrone. Perchè incrocicchi così le braccia? È ella cotesta un’usanza dei servitori? sull’onor mio, se fossi più giovane solo di due ore ti bastonerei. Farmi che tu offenda tutti, e che tutti abbiamo diritto di castigarti.

Par. Tal trattamento io non merito, signore.

Laf. Vattene, mariuolo, e non onesto viaggiatore: sei più impertinente colle persone cospicue, che gli stemmi della tua nascita non ti permettano. Se meritassi una parola ancora, oltre quelle che ti ho detto, ti chiamerei ribaldo. Ma ti lascio così. (esce)

Par. Sta, sta, a meraviglia. — Nascondiamo ciò per ora. (entra Beltramo)

Bel. Perduto, perduto per sempre!

Par. Cbe avete, mio caro?

Bel. Sebbene abbia giurato solennemente dinanzi al sacerdote, io non mi giacerò mai con lei.

Par. Ma che fu?

Bel. Oh mio Parolles, mi hanno ammogliato! Ma andrò alle guerre di Toscana, e non la riceverò nel mio letto.

Par. La Francia è un vero canile, indegna di esser tocca dai piedi di un uomo onesto. Alla guerra!

Bel. Ecco lettere di mia madre, di cui ignoro ancora il tenore.

Par. Gioverebbe saperlo. — Alla guerra, giovine, alla guerra! Sperde il suo onore colui che rimane nei domestici lari assorto in vili mollezze, sfogando così quel vigor virile che dovrebbe essere impiegato nel reprimere l’ardore di un cavallo bollente. Alla guerra, alla guerra! La Francia è una stalla, e noi, che vi restiamo, siamo vere bestie da soma. Alla guerra!

Bel. Sì, v’andrò. — Costei manderò nel mio castello, istruendo mia madre della mia avversione per lei, e della cagione della mia partenza; scriverò al re quello che non ho osato ancor dirgli: il dono che egli mi ha fatto, mi servirà al mio viaggio d’Italia, paese dove i prodi combattono. Il campo della guerra è un luogo di pace, in paragone di una trista casa e di una sposa abbonita.

Par. Tal fantasia durerà in voi? ne siete sicuro?

Bel. Vieni con me nella mia camera, e aiutami coi tuoi consigli. Tosto la congederò, e dimani partiremo entrambi, io per la guerra, ella per la sua malinconica solitudine.

Par. Oh come le palle ruggiscono! Quale strepito fanno. — Dura cosa ell’è: da così poco ammogliato; ma ammogliato val rovinato. Partite dunque e lasciatela da forte; il re vi ha fatto l’oltraggio; a questo nondimeno non pensate. (escono)