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294 È TUTTO BENE QUEL CHE A BEN RIESCE


SCENA II.

Rossiglione — Una stanza nel palazzo delia Contessa.

Entrano la Contessa e il Villico.

Cont. Vien qua, amico; vuo’ vedere fin dove s’estenda la tua scienza del ben vivere?

Vil. Vi farò vedere che sono assai ben nutrito, e molto male allevato; io so che i miei affari son solo alla Corte.

Cont. Solo alla Corte! E qual altro luogo v’ha di maggiore importanza?

Vil. In verità, signora, se Iddio concede a un uomo buoni costumi, ei può facilmente disfarsene quando va in Corte. Quegli che non sa fare una riverenza, cavarsi il cappello, baciar la mano, e dir nulla, non ha nè gambe, nè mani, nè bocca, nè testa, e in fede mia tal uomo non è fatto per la Corte, ma per me ho una risposta di cui ognuno potrebbe far uso.

Cont. Risposta egregia dev’essere quella che si conforma ad ogni interrogazione.

Vil. È come la sedia d’un barbiere adatta a quanti frequentano la bottega.

Cont. E la tua risposta sarà buona per ogni domanda?

Vil. Così buona, come lo sono dieci monete d’argento per la mano d’un procuratore, com’è una corona francese per una fanciulla vestita di taffetà, come lo è l’anello di giunco di Tib per l’indice di Tom, una buona vivanda pel martedì grasso, una danza mora pel giorno di maggio, la caviglia pel carro, il becco per le sue corna, una donna cattiva per un manto bisbetico, le labbra d’una suora per quelle d’un monaco, come lo è infine il pudding1 per la pelle che lo avvolge.

Cont. E tu hai una risposta che s’adatta a tutte le domande?

Vil. Sì, da quella che può far il duca, fino a quella che far può l’infimo degli uomini.

Cont. Sarà una risposta prodigiosa.

Vil. Una cosa da nulla, se i dotti volessero apprezzarla al suo giusto valore: eccovela con tutte le sue dipendenze. Chiedetemi se son cortigiano, e male non vi farà l’apprenderlo.

Cont. Torniamo giovani se possiamo. Farò la pazza, interro-

  1. Pietanza inglese.