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290 È TUTTO BENE QUEL CHE A BEN RIESCE

a che tutti gli allori siano mietuti da quel campo a cui agogno? Per l’anima mia! fuggirò.

Signore. Onorata sarebbe tal fuga.

Par. Effettuatela, conte.

Signore. Vengo con voi; e quindi addio.

Bel. Io vi amo, e tale separazione è dolorosa.

Signore. Addio, capitano.

Signore. Addio, messer Parolles.

Par. Nobili eroi, la mia spada e le vostre sono parenti. Prodi signori, una parola. Voi troverete nel reggimento de’ Spinii certo capitano Spurio con una cicatrice sulla sinistra gota, marchio di guerra che la mia spada gli stampò: ditegli ch’io vivo, e attendete a quello ch’ei vi dirà di me.

Signore. Così faremo, nobile capitano.

Par. Marte vi protegga come suoi discepoli! (i signori escono) Ora che volete voi fare?

Bel. Tacete; il re..... (vedendolo sorgere)

Par. Protraete di più le vostre cerimonie con quei signori; la formola del vostro addio è stata troppo laconica. Siate più aperto con essi, perocchè e’ sono i corifei della moda, e rivelano al mondo il bel linguaggio e il bel portamento, e posseggono tutte le grazie del giorno. Correte a raggiungerli, e salutatela con più calore.

Bel. Così voglio fare.

Par. Degni garzoni, che diverranno ottimi spadaccini. (escono; entra Lafeu)

Laf. Perdono, signore, (inginocchiandosi) per me e per le mie novelle.

Re. Te l’accorderò se ti alzi.

Laf. Voi vedete dunque qui un uomo che ha ottenuto il suo perdono. Vorrei, sire, che foste in ginocchio chiedente la grazia mia, e poteste ad un mio cenno, con me, rialzarvi.

Re. Io pure lo vorrei: così ti romperei la testa e te ne chiederei poscia perdono.

Laf. In verità sarebbe stato ben male a proposito. — Mio caro sovrano, ecco quello che volevo dirvi: volete esser guarito delle vostre infermità?

Re. No.

Laf. Oh! non volete mangiare uva, mia regia volpe? Ha a ciò ben vi deciderete. Ho veduto un medico che è capace di infonder vita ad una pietra, ad uno scoglio, non che ad un infermo. Il suo solo tatto varrebbe a risuscitare il re Pipino, o a