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ATTO PRIMO 287


Cont. Nè io tua madre, certo!

El. Voi, mia madre, signora! Oh! piacesse a Dio, (purchè Toetro figlio fratello non mi fosse) piacesse a Dio che voi foste in verità mia madre, che madre di tutti due foste: neppure il Cielo desidererei più di ciò. Potrei io esser dunque vostra figlia, senza essere sorella di lui?

Cont. Sì, Elena, tu puoi essere mia nuora. Dio non voglia che ciò abbi in mira! I nomi di figlia e di madre fan sì viva impressione su di te, che tu impallidisci di nuovo..... I miei sospetti hanno sorpreso alfine il segreto del tuo amore. Indovino ora il mistero delle tue inclinazioni per la solitudine, e scopro la sorgente delle tue amare lagrime. Ora è più chiaro del dì che tu ami mio figlio. Sarebbe vergognoso il voler dissimulare un segreto che la tua passione tradisce, e il voler dirmi che non l’ami: dimmelo dunque, confessa che ciò è vero: perocchè, vedi, le tue gote col loro rossore lo dichiarano l’una all’altra, e i tuoi occhi col loro linguaggio lo confermano. Non vi è che una vergogna colpevole, e un’ostinazione disonesta, che possano impedire la manifestazione della verità. Parla: esponi il vero. Se bene mi sono apposta, bellissima fu la tua scelta: se no, giura che m’ingannai, ma giuralo in nome del Cielo.

El. Buona signora, perdonatemi.

Cont. Ami mio figlio?

El. Perdonatemi, generosa signora.

Cont. Non ami tu mio figlio?

El. Non l’amate anche voi, signora?

Cont. Non uscir di strada. Il mio amore per lui è fondato sopra un vincolo che nessuno ignora. Or via, palesami lo stato del tuo cuore, che la tua passione ha già in parte rivelato.

El. Ebbene, alle vostre ginocchia, dinanzi al Cielo, e dinanzi a voi, signora, confesso ch’io amo vostro figlio più anche di voi, e che dopo il Cielo egli è l’oggetto che maggiormente adoro. I miei parenti erano poveri, ma onesti; il mio amore è onesto del pari. Non ne siate offesa, perocchè esso non reca alcun disdoro a quegli verso cui è rivolto. Io non l’infesto con dichiarazioni presuntuose, nè vorrei ottenerlo prima di meritarlo, sebbene non sappia come mai meritare lo potessi. Conosco che amo invano; contendo contro la speranza, ma inutile è ogni mia lotta. Così simile all’Indiano religioso, nel mio errore, vagheggio il sole che vede il suo adoratore, ma non sa nulla di lui. Mia cara signora, non mi odiate perchè amo quello che voi pure amate e se voi, la cui onorata vecchiezza annunzia una vita virtuosa,