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284 | È TUTTO BENE QUEL CHE A BEN RIESCE |
Cont. Che fa colui là in fondo? Itevene, amico: io non credo per verità, le querele che ho udite intorno a voi, ma è questo un mio difetto; perocchè so che voi non mancate di follia onde commettere errori, e che siete abbastanza destro per compierli astutamente.
Vil. Voi non ignorate, signora, che io sono un pover uomo.
Cont. Bene sta.
Vil. No, signora, non istà bene ch’io sia povero, sebbene molti ricchi vadano dannati: ma se posso ottenere da voi l’assentimento per sposare Isabella, faremo come potremo.
Cont. Vuoi tu dunque esser costretto a mendicare?
Vil. Mendico le vostre buone grazie in questo caso.
Cont. In qual caso?
Vil. Nel caso d’Isabella e mio: io credo che non otterrò mai le benedizioni del Signore senza avere un rampollo del mio corpo perocchè come suol dirsi, i figli sono una benedizione di Dio.
Cont. Dimmi per qual ragione ti vuoi ammogliare.
Vil. Il mio povero corpo, signora, lo richiede; incitato sono dallo stimolo della carne, e forza è bene che vada quegli che il diavolo sospinge.
Cont. Son queste tutte le vostre ragioni?
Vil. Per vero dire ne ho ancora altre, e più sante.
Cont. Si possono conoscere?
Vil. Sono stato, signora, una cattiva creatura, come siete voi e tutti quelli che son composti di carne e sangue: io quindi mi ammoglio per far penitenza.
Cont. Del tuo matrimonio più presto che delle tue malvagità.
Vil. Sono sfornito d’amici, signora, e spero di trovarne col ministero di mia moglie.
Cont. Tali amici, mariuolo, ti saranno nemici.
Vil. Errate, signora; son cotesti i più caldi amici, e mi aiuteranno nei miei bisogni. Quegli che lavora le mie terre risparmia i miei attrezzi, e mi lascia raccor le messi; quegli che lavora mia moglie è il banefattore della mia carne e del mio sangue; e quegli che fa bene alla mia carne e al mio sangue, ama la mia carne e il mio sangue; quegli che ama la mia carne e il mio sangue, è mio amico: ergo, quegli che lavora mia moglie è mio amico. Se gli uomini sapessero appagarsi di quel che sono, non vi sarebbe mai nulla a temere nei connubii.
Cont. Sarai tu sempre così sconcio e così calunniatore?
Vil. Io sono profeta, signora; e parlo il vero ricisamente: «perocchè ripeterò sempre la sentenza che gli uomini troveran