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278 | È TUTTO BENE QUEL CHE A BEN RIESCE |
avrebbe resa la natura etema; e la morte, non trovando più vittime da mietere, sarebbe stata costretta a deporre l’oziosa sua falce. Piacesse a Dio, che per consolazione del re egli vivesse ancora. Ciò recherebbe morte alla di lui malattia.
Laf. Come si chiamava l’uomo di cui parlate, signora?
Cant. Era celebre nella sua professione, e a buon diritto: chiamavasi Gerardo di Narbona.
Laf. Era infatti un grand’uomo. Il re parlò di lui non ha molto, lodandolo assai. Se la scienza valesse a vincere la morte, egli vivrebbe ancora.
Bel. Di qual male, mio buon signore, è infermo Sua Maestà?
Laf. Di una fistola.
Bel. Non intesi mai parlare di tal malattia.
Laf. Vorrei bene che fosse anche ignota. — Questa fanciulla è dunque figlia di Gerardo di Narbona?
Cont. Sua unica figlia, signore; affidata alla mia tutela. Nutro per lei tutte le più belle speranze, conoscendone l’educazione. Ella è dotata di una tempera felice che abbellisce i più bei doni della natura; e tali doni collega ad un’anima semplice e senz’artificii. Questa donzella ha un cuore eccellente, ed ha sempre inteso da se stessa a perfezionarsi.
El. Le vostre lodi, signora, m’inteneriscono.
Cont. È una tenerezza così fatta che le fanciulle dovrebbero sempre risvegliare. La memoria di suo padre non le torna mai senza che la violenza del suo dolore non dipinga tosto la morte sulle sue gote. Bandiamo quest’idea, Elena; non più pianti, che non si credesse che mostrate maggior mestizia che non sentite.
El. Sono trista invero, trista troppo.
Laf. I dolori moderati son tributi che si devono agli estinti; ma gli eccessivi divengono nemici dell’uomo.
Cont. Se l’uomo ha per nemico il dolore, tal dolore cessa tosto pel suo eccesso medesimo.
Bel. Signora, vi chieggo la vostra benedizione.
Cont. Abbila, Beltramo, e somiglia al padre tuo nelle sue azioni come nei suoi lineamenti. La nobiltà e la virtù contendano in te per la preminenza, e la bontà del tuo cuore agguagli lo splendore della tua nascita! Ama tutti gli uomini, e confida in pochi. Non offendere alcuno, e fa temere piuttostochè sentire la tua potenza al tuo nemico. Gli amici tuoi serba sotto la chiave della tua stessa vita: ti sia rimproverata la cautela, non mai la indiscrezione. Tutte le grazie che il Cielo vorrà accordarti, e che le mie importune preghiere potranno ottenere piovano sulla tua