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ATTO QUINTO 269

de’ suoi Mirmidoni, che storpi e mutilati corrono a lui gridando vendetta contro di Ettore. Ajace ha perduto un amico ed è tutto tumido di rabbia: egli è armato, e rugge dietro a Troilo, che ha fatto oggi prodigii di temerità e di valore, mischiandosi sempre nei più folto della battaglia, e sempre del pari ritirandosene con una foga incauta, come se la fortuna a dispetto d’ogni prudenza sii comandasse di tutto abbattere. (entra Ajace)

Aj. Troilo! codardo Troilo! (esce)

Diom. Sì, per di là, per di là.

Nest. Andiamo, usciamo insieme. (entra Achille)

Ach. Dov’è Ettore? Appariscimi, appariscimi, uccisor di fanciulli! mostrami il volto. Impara cosa sia l’aver a fare con Achille sdegnato. Ettore! dov’è Ettore? Niun altri che Ettore io chieggo. (escono)

SCENA VI.

Un’a1tra parte del campo.

Entra Ajace.

Aj. Troilo, codardo Troilo, mostrami il tuo viso! (entra Diomede)

Diom. Troilo! dico, dov’è Troilo?

Aj. Che vuoi da lui?

Diom. Vuo’ punirlo.

Aj. Foss’io generale, e mi dovresti togliere tal grado prima che io a te cedessi il combattimento con Troilo. — Troilo, dico, dove sei? (entra Troilo)

Troil. Oh traditor Diomede! volgi a me il tuo infame volto, e sconta colla tua vita il cavallo che mi rapisti.

Diom. Ah! sei tu qui?

Aj. Io vuo’ combatter solo: fermati, Diomede.

Diom. Egli è mia preda, e non resterò ozioso.

Troil. Venite entrambi, perfidi Greci, entrambi vi abbatterò. (escono combattendo; entra Ettore)

Et. Oh! sì, Troilo, mio giovine fratello, tu oggi ben combattesti! (entra Achille)

Ach. Alfine ti trovo. — Difenditi, Ettore.

Et. Riposati prima, se vuoi.

Ach. Disprezzo le tue cortesie, superbo Trojano. Rallegrati che le mie armi non sono ora in istato di battaglia; la mia ne-