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264 | TROILO E CRESSIDA |
Ul. Il savio Troilo può egli realmente sentire la metà di quelle che esprime?
Troil. Sì, Greco, e tutto ciò sarà divulgato in caratteri di fuoco. Non mai giovine alcuno amò con più costanza e con più tenacità, di quello ch’io amassi; Cressida adoravo quanto abborro Diomede. Quella manica ch’ei vuol portar sull’elmo era mia, e il suo elmo, fosse anche opera di Vulcano, dovrà dar adito alla mia spada che fragorosa e terribile gli cadrà sul capo. — Oh Cressida, perfida Cressida! donna spergiura! Tutte le perfidie paragonate alla tua divengono virtù.
Ul. Contenetevi: gl’impeti della vostra passione attirano gente. (entra Enea)
En. Vi cerco da un’ora, signore: Ettore si sta armando in Troia, e Ajace vi aspetta per ricondurvi in città.
Troil. Vi seguo, principe. — Addio, signore: addio, bellezza spergiura! Tu poi, Diomede, armati a dovere, e porta sul capo un elmo impenetrabile.
Ul. Vi accompagnerò fino alle porte.
Troil. Accettatene quei ringraziamenti che far vi posso nella mia desolazione. (esce con En. ed Ul.)
Ter. Vorrei scontrarmi con quel furfante di Diomede, e intronarlo con grida di mal augurio. Patroclo mi ricompenserà s’io gli fo conoscere questa prostituita. Niuno sa apprezzare più di lui tal merce. Sempre costumatezza a questo mondo: l’inferno la divori sicchè non ne rimanga più orma sulla terra. (esce)
SCENA III.
Dinanzi ai palazzo di Priamo.
Entrano Ettore ed Andromaca.
And. Quando fu mai dunque il mio sposo così scortese da non volere attendere a’ miei consigli? Disarmatevi, disarmatevi, e non combattete oggi.
Et. Voi mi eccitereste ad offendervi; rientrate. Per gl’immortali Dei! combatterò.
And. I miei sogni son sicuri e presagiscono oggi il vero.
Et. Non più, vi dico. (entra Cassandra)
Cas. Dov’è mio fratello Ettore?
And. Eccolo, sorella, armato, e non anelante che alle battaglia. Unitevi a me, e solleviamo concordi le nostre grida: scongiuria-