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ATTO QUINTO 263

giore di noi è che l’errore dei nostri occhi guidi la nostra anima: e tutto quello che è guidato dall’errore deve necessariamente precipitare. Concludiamo quindi che i cuori che si lasciano vincere dagli occhi sono pieni di malizia. (esce)

Ter. Ella non poteva dare più forte prova della sua perfidia, se pur non avesse detto: io son divenuta una prostituita.

Ul. Tutto è finito, signore.

Troil. Sì.

Ul. A che restiamo dunque?

Troil. Per rimembrare e scolpirmi nell’anima ogni parola, che è stata qui proferita. Ma se narro il modo con cui quegli amanti si sono intesi non mentirò io, sebbene bandisca la verità? Vi è ancora una fede nel mio cuore, una speranza tenace che distrugge ogni testimonianza delle mie orecchie e de’ miei occhi, come se questi organi fossero stati fatti unicamente per ingannare. Era ella davvero Cressida quella che stava là?

Ul. Io non ho il potere di evocare fantasmi, principe.

Troil. Essa non vi era certamente.

Ul. Certamente anzi vi era.

Troil. Negando non parlo da insensato.

Ul. Nè io affermando, signore. Cressida era qui dianzi.

Troil. Ciò non sia detto, per l’onore del suo sesso, e rammentiamo che avemmo una madre. Non diamo questo argomento crudele a quei rigidi censori che inchinati sono di per loro, senza alcuna causa, solo per depravazione, a giudicare di tutte le donne sull’esempio di Cressida! Crediamo piuttosto che Cressida non fosse.

Ul. Quel ch’ella ha fatto, principe, può forse disonorare le nostre madri?

Troil. Tale tradimento sarebbe stato di poca importanza, se non l’avesse commesso Cressida.

Ter. Negherebbe dunque fede anche ai suoi occhi?

Troil. Essa? no, è la Cressida di Diomede: se la bellezza ha un’anima ella non era: se l’anima fa proferir voti, e tai voti son sacri e piacciono agli Dei, essa non era. Oh! delirio della ragione, mercè il quale l’uomo perora per e contro se stesso: autorità equivoca e contradditoria in cui la ragione si solleva, senza annientarsi, e l’intelletto perduto può riputarsi saviezza! Era o non era Cressida? Si innalza nella mia anima un combattimento di una natura strana, che in mezzo ad una cosa indivisibile pone un intervallo così immenso, come quello che separa la terra dal cielo.