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ATTO QUARTO 257

lazzo: ma vi è invece qualche cosa di più. Perchè mi opprimi con quello sguardo minaccioso?

Ach. Cielo! mostrami in qual parte del corpo io debba ferirlo, onde io possa nominare esattamente il colpo che gli avrò dato, e la breccia per la quale sarà fuggita la grand’anima di Ettore. Cielo, rispondi!

Et. Gli Dei arrossirebbero di far ragione ad una tale inchiesta. Uomo vano e superbo, credi tu ch’io sia sì facile conquista?

Ach. Vorresti essere conquista ardua per me?

Et. Se anche tu fossi un oracolo non ti crederei: ma per l’avvenire sii cauto, perchè io non vivo più che pel desiderio di toglierti la vita. Per l’ancudine su di cui fu fatto l’elmo di Marte, sì, io ti ucciderò. — Illustri Greci, perdonatemi tal impeto a cui il suo orgoglio mi ha trascinato: io farò ogni sforzo perchè le mie azioni confermino le mie parole; o possa io non mai...

Aj. Non vi sdegnate, cugino. E voi, Achille, desistete dalle minaccie fino a che non abbiate il potere di compierle. Voi potete ogni giorno affrontar Ettore se ne avete tanto desiderio; ma penso che tutta la Grecia non sapesse indurvi a combattere contro di lui.

Et. Pregovi di venire sul campo di battaglia: tremende sono state le mischie pei vostri Greci dacchè voi non gli avete sostenuti.

Ach. Di ciò mi preghi, Ettore? Dimani ti raggiungerò, crudele come la morte.

Et. La mano in pegno della promessa.

Ag. Ora seguitemi tutti, nobili Greci, e abbandoniamoci alle ricreazioni del banchetto: festeggiamo Ettore com’egli merita. Squillino le trombe in segno di esultanza, e lieti pensieri soltanto rallegrino le menti. (tutti escono tranne Troilo ed Ulisse)

Troil. Ditemi, Ulisse, in qual parte del campo sta Calcante?

Ul. Nella tenda di Menelao, nobile Troilo. Diomede vi banchetta con lui questa sera: e questi non vede più nè cielo nè terra; tutta la sua attenzione e i suoi sguardi amorosi sono rivolti sopra Cressida.

Troil. Dolce signore, vi avrò io l’obbligo grande di là condurmi quando usciremo dalla tenda di Agamennone?

Ul. Ciò farò di buon grado: voi corrisponderete alla mia compiacenza dicendomi in qual conto era tenuta Cressida a Troja. Aveva ella un’amante che deplori ora la di lei assenza?

Troil. Oh Signore! quelli che per vantarsi mostrano le cicatrici meritano d’esser derisi. Volete che andiamo, signore? Ella era amata, ed amava: è amata, ed ama: ma il tenero amore è sempre preda della fortuna. (escono)