Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1859, V-VI.djvu/652


ATTO QUARTO 253


En. In che sperdemmo questa mattina! Il principe mi dirà neghittoso e tardo, poichè gli avevo promesso di andare al campo di battaglia prima di lui.

Par. La colpa è di Troilo: ma via, accompagnatelo, e avanziamoci nella pianura.

Deif. Facciamolo tosto.

En. Sì, andiamo colla sollecitudine d’un giovine sposo sulle traccie d’Ettore: la gloria di Troja dipende oggi dal suo valore e questa tenzone. (escono)

SCENA V.

L’accampamento dei Greci. — È preparata la lizza.

Entra Ajace armato, Agamennone, Achille, Patroclo, Menelao, Ulisse, Nestore ed altri.

Ag. Eccovi interamente vestito della vostra armatura, pieno di ardore e d’impazienza pel lento trascorrere degl’istanti. Terribile Ajace, comandate a vostro messaggiere di portar fino a Troja la vostra sfida, e l’aria spaventata colpisca il commosso orecchio del suo eroe, e lo faccia venir qui.

Aj. Araldo, va, e dispiega tutta la forza de’ tuoi polmoni. Dà fiato alla tromba fino che le tue guancie, fatte rotonde e simili ad una sfera, vincano i fischi del furioso aquilone. Su, obbedisci; è Ettore che chiamo. (squilla la tromba)

Ul. Nessuna tromba risponde.

Ach. È anche presto.

Ag. Quello che viene a noi è Diomede, colla figlia di Calcante?

Ul. Sì: lo riconosco all’aspetto: egli incede superbo, come se fosse il re della terra. (entrano Diomede e Cressida)

Ag. Non è questa la donzella Cressida?

Diom. È questa.

Ag. Siate la ben giunta nel nostro campo, bella fanciulla.

Ach. Dissipate quel pallore che vi cuopre: Achille vi saluta.

Men. Io pure potevo salutare un tempo una donna.

Patr. Il procace Paride ha fatta un’irruzione così subitanea nei vostri lari, che v’ha diviso dall’oggetto dei vostri saluti.

Ul. Oh pensiero, mortale sorgente di tante sventure!

Men. Donzella, vi saluto.

Ul. Io pure.

Patr. Ed io anche.

Diom. Cressida, usciamo: debbo condurvi da vostro padre. (esce con Cres.)