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ATTO QUARTO 249


Cres. Perchè sospirate così profondamente? Dov’è il mio amante? Ditemi, caro zio, che cosa fu?

Pan. Vorrei essere tutto sepolto sotto terra.

Cres. Oh Dei! Che vi è?

Pan. Te ne prego, vattene: oh non fossi mai tu nata! L’avevo ben previsto che tu saresti cagione della sua morte! Principe sfortunato! Maledizione ad Antenore!

Cres. Buon zio, ve ne supplico inginocchiata; ditemi che fa?

Pan. Bisogna che tu parta, povera fanciulla, bisogna che tu parta! sei stata cambiata con Antenore, e devi ritornare da tuo padre, abbandonando Troilo: Troilo ne morrà: tale separazione avvelenerà i suoi giorni; egli non potrà sostenerla.

Cres. Oh immortali Dei! io non partirò.

Pan. Questo far devi.

Cres. Nol voglio, zio: ho dimenticato mio padre ed ogni vincolo di parentela. Nulla vi è che io ami come Troilo. Oh Dei del Cielo! fate del nome di Cressida quello della perfidia, se mai essa abbandona Troilo. Tempo, violenza, morte, esercitate su questo corpo tutti i vostri flagelli; ma la solida base sulla quale poggia l’amor mio è come il punto centrale della terra: tutto attira verso di sè. Rientrerò per piangere.

Pan. Sì, va, va.

Cres. E per svellermi la bella chioma, e straziar queste gote tanto celebrate; per perder la voce fra i singhiozzi, e far che il cuor mi scoppi, gridando: Troilo, no, non escirò da Troia. (escono)

SCENA III.

La stessa. Dinanzi alla casa di Pandaro.

Entrano Paride, Troilo, Enea, Deifobo, Antenore e Diomede.

Par. È giorno; e l’ora fermata coi Greci si appressa celeremente. Fratello Troilo, annunziate a Cressida quello che bisogna ch’ella faccia, e decidetela ad acconsentir tosto.

Troil. State qui: io ve la condurrò fra poco: e quando vedrete che la pongo fra le mani del Greco che venne a prenderla, vedrete in vostro fratello un sacerdote che immola il proprio cuore. (esce)

Par. Conosco che cosa è amore, e vorrei poterlo soccorrere, come posso compiangerlo! Vogliate venir meco, signori. (escono)