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ATTO TERZO 243


Ach. La mia fama è in gran pericolo.

Patr. Pensate a questo. Le ferite che l’uomo si fa da se stesso difficilmente risanano. Trascurando i doveri necessarii, noi ci esponiamo a gravi mali.

Ach. Va, caro Patroclo, cerca Tersite, e conducilo qui. Lo manderò da Ajace, e farò che inviti i duci troiani a venirne da noi dopo il combattimento. Ho un gran desiderio di veder Ettore disarmato, e di studiarne bene ogni lineamento. — Ma sta, non vale. (entra Tersite)

Ter. Prodigio!

Ach. Che?

Ter. Ajace erra su e giù pel campo in cerca di se medesimo.

Ach. Come questo?

Ter. Ei deve dimani combattere contro Ettore, e va così superbo delle percosse che ne riceverà, che è già assorto in un muto delirio.

Ach. Oh, in che modo?

Ter. Egli procede a lenti passi, stendendo tutta la pianta del piede per terra, come un pavone: si arresta, rumina fra di sè, come un’ostessa che non sa fare il conto di uno scotto; si morde i labbri con malignità, quasi volesse dire: «ci sarebbe spirito in questo capo, se vi fosse chi si desse la briga di cercarvelo»: o vi è infatti, ma così nascosto e così freddo, come la scintilla nella selce, dalla quale non scaturisce che coi colpi. Quella è un uomo irrevocabilmente perduto, perocchè se anche Ettore non lo uccide nel combattimento, ei si ucciderà da sè per soverchianza d’orgoglio. Già più non mi riconosce; gli ho detto: buon giorno, Ajace, ed ei mi ha risposto: grazie Agamennone. Che vi sembra? Egli è diventato un pesce di terra senza voce, un mostro muto. Dannazione all’opinione popolare! quand’un uomo se ne riveste, ei va sempre in rovina.

Ach. Tu andrai da lui, Tersite.

Ter. Io? Ma egli non vuol rispondere ad alcuno; si piace in non rispondere; il parlare è cosa da vulgo; egli ha la lingua nelle braccia. — Vuo’ imitarlo dinanzi a voi: Patroclo m’interroghi, ed io rifarò Ajace.

Ach. Interrogalo, Patroclo; digli: «prego umilmente il prode Ajace perchè inviti il valorosissimo Ettore a venirne disarmato nella mia tenda, e perchè gli procacci un salvocondotto del magnanimo, illustre, e sei o sette volte onorevole generale dell’esercito greco, Agamennone». — Digli ciò.

Patr. Giove colmi di bene il grande Ajace.