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240 TROILO E CRESSIDA

da che proceda tanta indifferenza. Se ciò fa, ho una risposta pronta pel suo orgoglio che potrà produrre buon effetto.

Ag. Seguiremo la vostra idea, e alcuno di noi nol saluterà, o lo saluterà solo con disprezzo, ciò che lo irriterà anche di più. Ve ne darò l’esempio.

Ach. Che! Viene il generale per favellarmi? Voi sapete la mia risoluzione; io non combatterò più contro Troia.

Ag. Che dice Achille? Vuol egli qualche cosa da noi?

Nest. Volete qualche cosa dal generale, signore?

Ach. No.

Nest. Nulla, signore, (ad Ag.)

Ag. Meglio così. (esce con Nest.)

Ach. Buon giorno, buon giorno. (a Menelao)

Men. Ebbene? ebbene? (esce)

Ach. Mi schernisce forse quello sposo oltraggiato?

Aj. Come ti senti, Patroclo?

Ach. Buon giorno, Ajace.

Aj. Ah!

Ach. Buon giorno.

Aj. Sì, e buon dimani ancora. (esce)

Ach. A che accenna ciò? Non conoscono essi più Achille?

Patr. Ne passarono davanti con molta indifferenza: solevano farci un saluto profondo, e indirizzarvi graziosi sorrisi, e quel rispetto che si mostra in faccia agli altari.

Ach. Son io decaduto repentinamente dalle mie glorie? Certo è che la grandezza, una volta che viene rinnegata dalla fortuna è sconosciuta anche dagli uomini. Il mortale invilito legge la sua condanna negli occhi altrui, perchè gli uomini, come le farfalle, non dispiegano le loro bianche ali che ai raggi dell’estate; e l’uomo nella sua sola qualità d’uomo non riceve alcun omaggio: egli non è onorato che per ciò che non gli appartiene, ricchezze, gradi, favori, che la ventura dà più spesso a caso che a ragione. Quando tali onori deperiscono tutto crolla e s’inabissa con lui. Ma questo non è il mio caso: la fortuna ed io siamo amici; io fruisco di quanto possedevo, ad eccezione degli sguardi di costoro che da quanto mi parve trovano adesso in me qualche cosa che non è più degna delle loro adulazioni. Ecco là Ulisse che legge. L’interromperò. — Ulisse?

Ul. Che vuole il gran figlio di Teti?

Ach. Cosa leggete?

Ul. Un uomo strano mi scrive, che per quanto ricco sia un mortale in beni esteriori, o in doti personali, egli non può mai