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232 TROILO E CRESSIDA


Ser. No, signore, ma Elena; non l’indovinasti a tali lodi?

Pan. Parrebbe, amico, che tu non avessi veduto la donzella Cressida. Io venni a parlare con Paride per incumbenza del principe Troilo: gli farò mille cerimonie, come è ben giusto.

Ser. Cerimonie! Le vostre frasi, signore, son tanto asiatiche da muovere fastidio. (entrano Paride ed Elena con seguito)

Pan. Gioia a voi, signore, e a tutta questa bella brigata! Bei desiderii vi allietino tutti, e specialmente voi, vaga regina, a cui auguro divengano guanciali al sonno pensieri dolcissimi!

El. Caro signore, siete pieno di belle parole.

Pan. Piace a voi di dirlo, amabile regina. — Vaghissimo principe, perchè fu interrotta sì bella musica?

Par. Foste voi che la interrompeste, cugino; e sulla mia vita! la rannoderete, o vi sostituirete un lavoro d’invenzione. — Mia cara, egli ha una voce piena d’armonia.

Pand. Oh! Non è vero.

El. Signore...

Pan. In verità la mia voce è roca.

Par. Scusa volgare.

Pan. Cara signora, dovrei dire una parola a Paride. — Volete voi ascoltarmi, cugino?

El. No, così non ve ne trarrete; vogliamo udirvi cantare.

Pan. Voi celiate con me, dolce principessa. — Ma veramente, signore... caro signore, e stimabilissimo amico, vostro fratello Troilo...

El. Messer Pandaro, buon signore...

Pan. Proseguite, amabile regina, proseguite... (a Par.) si raccomanda a voi coi termini più affettuosi.

El. Voi non ci priverete della nostra melodia. Se questo fate, la nostra malinconia ricada sulla vostra testa.

Pan. Dolce regina, cara regina; quest’è un’amabile regina in verità.

El. Rendere malinconica una signora, è imperdonabile colpa.

Pan. Ciò non vi servirà; è inutile. Non curo tali parole, no, no.

El. Signor Pandaro...

Pan. Che dice la mia regina? la mia tanto amabile regina?

El. Signore...

Pan. Mio cugino si sdegnerà con voi. Voi dovete sapere dov’egli cena.

Par. Pongo la mia vita ch’egli è con Cressida.

Pan. Oh no, no, mal vi apponete: ella è inferma.

Par. Ah! ben indovino.