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ATTO SECONDO
SCENA I.
Un’altra parte del campo Greco.
Entrano Ajace e Tersite.
Aj. Tersite...
Ter. Agamennone... s’egli avesse piaghe per tutto il corpo.
Aj. Tersite...
Ter. E quelle piaghe sanguinassero, allora somministrerebbe materia..
Aj. Cane..
Ter. Ed uscirebbe da lui qualche cosa; ma fino ad ora nulla ne esce.
Aj. Cane, non vorrai tu ascoltarmi? Vediamo se mi sentirai. (lo percuote)
Ter. La peste della Grecia ti colga, stupido, imbelle.
Aj. Rispondimi, o ti batterò fino a che tu divenga leggiadro.
Ter. Ed io ti schernirò fino che tu acquisti spirito mansuetudine; ma credo che il tuo cavallo imparerebbe prima un’orazione a memoria, che tu una preghiera senza libro. Tu mi vuoi battere? La peste ti colga.
Aj. Avanzo di rospo, dimmi di che cosa trattava il bando?
Ter. Credi tu ch’io non senta, per battermi così?
Aj. Il bando..
Ter. Credo si bandisse che tu sei pazzo.
Aj. Non provocarmi, maiale, che le dita mi prudono.
Ter. Vorrei prudessi da cima a fondo, e ch’io potessi grattarti, farei di te il più turpe lebbroso della Grecia.
Aj. Il bando, dico...
Ter. Tu borbotti e schernisci ad ogni istante Achille, sebbene ne invidii la grandezza, e ne sii geloso come Cerbero lo è di Prosperina: questo è che ti fa latrare contro di lui.
Aj. Tersite femmina!
Ter. Lui dovresti battere.
Aj. Stolto insensato!
Ter. Ei ti farebbe in minuzzoli col suo pugno potente, come un marinajo mette in minuzzoli un biscotto.
Aj. Maledetto cane! (battendolo di nuovo)