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216 | TROILO E CRESSIDA |
Ul. Eccolo. L’orgoglio di Achille è giunto tant’oltre che bisogna necessariamente o abbatterlo, o permettere che divenga cagione di mille mali.
Nes. In qual modo abbatterlo?
Ul. La sfida del grande Ettore, quantunque indirizzata a tutti i Greci, è pure nella di lui intenzione rivolta al solo Achille.
Nes. Questo pare anche a me, e son certo che alla pubblicazione di quella sfida Achille non mancherà di credersi bersaglio ai dispregi di Ettore.
Ul. E ciò l’inciterà a rispondergli. Non è vero?
Nes. Sì, certamente, e se questo non fosse, qual altro guerriero potremo noi opporre ad Ettore? Sebbene tal combattimento non sia che un giuoco, pure ne scaturiranno molto previsioni, e il valor nostro sarà librato dalla fortuna di esso. Questo duello sarà come un disegno in miniatura degli avvenimenti che debbono seguire, e si supporrà che il campione che combatterà contro Ettore sia il nostro guerriero più detto, e in sè riassuma una parte di ognuno di noi, e d’ogni nostra virtù. Se egli cade, chi ne trarrà un presagio di future vittorie? chi affronterà con baldanza le vicissitudini che matura l’avvenire?
Ul. Perdonatemi, ma è per tali ragioni appunto che non è dicevole che Achille combatta contro Ettore. Imitiamo il marcatante; mostriamo prima, com’esso, quello che abbiamo di meno predoso; speriamo in una lieta ventura; quando questa non otteniamo, lo splendore di ciò che porremo quindi in visto risalterà vieppiù col confronto della prima esposizione. Non permettiamo dunque che Ettore ed Achille combattano; perocchè dall’esito di quel conflitto deriveranno grandi conseguenze per l’onor nostro, o per la nostra vergogna.
Nes. Quali sono esse? I miei deboli occhi non le veggono.
Ul. Achille già tanto orgoglioso, che cosa diverrà egli quando creda di porne a parte della sua vittoria sopra Ettore? Meno patiremmo dovendo sopportare gli ardori del sole dell’Africa, che gli spregi insultanti del suo occhio superbo, s’egli abbatter dovesse il campione di Troia: e se vinto ne restasse, ogni fiducia in noi stessi verrebbe meno insieme col nostro miglior guerriero. No: adoperiamo piuttosto in guisa che combatto lo stupido Ajace. Prodighiamo a lui i più alti elogii, siccome al nostro miglior guerriero, e ciò servirà a rintuzzare la superbia di Achille, il di cui pennacchio s’innalza più altero che l’azzurra ciarpa di Iride. Se il goffo Ajace non soccombe, lo colmeremo di elogii; se soccombe, durerà sempre l’opinione che guerrieri più prodi ne