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214 TROILO E CRESSIDA

saprebbe il braccio di Achille alla testa di tutti i Greci, che con voce unanime gridarono Agamennone loro generale.

En. Non v’è modo per concedere libertà di parlare più benigna, sicurezza maggiore. Ma come potrà uno straniero riconoscere gli sguardi sovrani di quell’illustre capo, e distinguerlo dagli altri guerrieri?

Ag. Come?

En. Sì; lo dimando, affinchè io possa fargli onore, e onde il rispetto colori le mie guancie del rossor modesto dell’aurora, allorchè essa contempla con occhio casto il giovine Febo. Dimando qual è quel Dio in dignità che guida qui gli altri eroi quale di fra voi è l’illustre e possente Agamennone?

Ag. Codesto Troiano irride alle opere nostre, o i guerrieri di Troia son cerimoniosi cortigiani.

En. Allorchè vanno disarmati son cortigiani, come li grida la fama; ma quando prendono le armi, Giove sa, che non vi son prodi più intrepidi di loro. Ma taci. Enea, perocchè l’elogio smarrisce ogni splendore allorchè esce dalla bocca medesima di chi ne è l’oggetto; la sola lode che la fama voglia pubblicare e quella che vien proferita dal nemico: e quella è la lode vera, la sola che si diffonde per l’universo.

Ag. Siete voi, Troiano, che vi chiamate Enea?

En. Sì, Greco; tale è il mio nome.

Ag. Qual bisogno vi conduce da noi?

En. Non debbo dirlo che all’orecchio di Agamennone.

Ag. Agamennone non concede udienze segrete a inviati che vengono da Troia.

En. Nè io vengo da Troia per dirgli a mezza voce un segreto: un trombetto sta meco per eccitare i suoi sensi all’attenzione più profonda.

Ag. parlate libero come il vento. Agamennone ora non dorme, e per convincervene è esso che ve lo dichiara.

En. Squilla tu tromba, e la tua voce possente risuoni fra tutte queste oziose tende, onde ogni Greco sappia quali nobili proposte offre Troia a tutto il campo. (squillo di tromba) Illustre Agamennone, noi abbiamo a Troia un principe chiamato Ettore, figlio di Priamo che muore per l’inerzia di questa tregua troppo lunga. Egli mi commise di dirvi queste parole: re, principi e duci, se fra i Greci più valorosi ve n’è uno che stimi il suo onore al disopra d’ogni altro bene, che più geloso sia della sua gloria che timido dei pericoli; che sicuro si tenga del suo valore e non conosca la paura; che ami la sua amante di vero