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212 TROILO E CRESSIDA

del grand’Ettore non avrebbe più signore, senza le cose di cui vi parlerò. I diritti dell’autorità fra noi sono stati dispregiati: mirate quante tende greche vennero erette sopra questa pianura, e con esse contate altrettante fazioni. Allorchè quella del duce supremo non somiglia all’arnia, a cui venir debbono tutte le pecchie disperse pei campi, qual miele v’è a sperare? Quando la distinzione dei gradi è sconosciuta, l’ultimo degli uomini sembra eguale al primo. I Cieli stessi, le stelle e questo globo, centro dell’universo, osservano certe leggi, seguono un ordine invariabile. In virtù di tale ordine, il sole, pianeta glorioso che siede in trono, splende qual re fra gli altri pianeti che lo circondano, e il suo occhio benefico corregge le malefiche influenze che pioverebbero, e governa senza ostacolo le buone e le cattive costellazioni. Ma allorchè gli astri turbati e confusi errano in disordine, quante pesti, quanti spaventosi flagelli! Qual sedizione allora per l’universo! Il mare sdegnato, la terra tremante, i venti scatenati, i terrori, le rivoluzioni, tutti i più orrendi mali infrangano l’unità, rompono l’accordo, tutto confondono, e struggono interamente la pace degli Stati tolti dalle loro basi, e dal tranquillo centro del loro riposo. Così quando la subordinazione è cessata; essa che è scala d’ogni più gran disegno, qualunque opera vien meno. Con qual altro mezzo, che colla subordinazione, le comunità, gli eserciti, le corporazioni, i diritti di natura ponono essere mantenuti? Togliete la subordinazione, mettete tal corda fuori dell’unisono, e ascoltate qual armonia ne seguirà. Gli uomini divengono nemici, e si combattono; le acque si gonfiano al disopra delle loro sponde, e sommergono la solida massa di questo globo; la forza divien signora della debolezza, e il figlio brutale, con un colpo parricida, stende morto ai suoi piedi il proprio genitore. La violenza si erige in diritto, o piuttosto il giusto e l’ingiusto perdono i loro nomi, e tutto s’arma di potere; il potere s’arma di volontà, la volontà di passione, e la passione, tigre insaziabile, assecondata cosi dal potere e dalla volontà, strugge necessariamente tutto, e finisce col divorare se stessa. Illustre Agamennone, ecco i disordini inevitabili quando la subordinazione è spenta; e la subordinazione perisce allorchè ognuno vuol salire in cima. Il capo è disprezzato dai suoi soldati, e la corruzione si comunica da un cuore all’altro. Quest’ambizione insana di sollevarsi senza meriti, che emulazione non è, ha invaso tutto il nostro campo, ed è quello che fa che Troia ancora sussista. Per dirla in breve, se la città non fu presa, la colpa è nostra, nè vuol lodarsi la sua resistenza.