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196 I DUE GENTILUOMINI DI VERONA


Prot. Cambiar sentimenti? È vero: oh Cielo! se l’uomo fosse costante, ei sarebbe perfetto. Questa colpa sola lo travolge in tutte le altre, e lo spinge a tutti i delitti; ma la mia volubilità finisce prima ancora di essere cominciata. Che vi ha dnnqae di più amabile nei lineamenti di Silvia che un occhio non alterato trovar non possa in quelli di Giulia?

Val. Su via, datemi entrambi la vostra mano, onde gusti la gioia di formare questa felice unione. Sarebbe crudele che due cuori, che si amano tanto, fossero più a lungo nemici.

Val. Attesto il Cielo, che nulla di meglio desidero.

Giul. E neppur io. (entrano i banditi col Duca e Turio)

Band. Cattura, cattura, cattura!

Val. Fermatevi,fermatevi; è il nostro venerabile duca. Vostra Grazia abbia ogni migliore accoglienza da un infelice, dal bandito Valentino.

Duc. Messer Valentino!

Tur. Veggo laggiù Silvia; e Silvia è mia.

Val. Indietro, Turio, o sei morto. Non venire entro al raggio della mia collera. Non dire che Silvia è tua; se osi ripeterlo, Milano non ti rivedrà più. Eccola; toccala solo; proferisci solo una parola contro il mio amore!

Tur. Signor Valentino, io non mi curo di lei: riguarderei come pazzo un uomo che volesse rischiar la sua vita per una fanciulla che non l’ama. Non ho alcuna pretensione sopr’essa ed è perciò vostra.

Duc. Sempre più vile e più basso ti mostri abbandonandola dopo tante istanze. — Per l’onore de’ miei avi, ammiro il tuo coraggio, Valentino, e degno ti credo dell’amore di un’imperatrice. Sappi dunque che fin da questo momento dimentico il passato, ne cancello ogni memoria, e ti richiamo alla mia Corte; chiedi tutti gli onori dovuti al tuo merito, ed io te li accorderò con queste parole: tu sei un prode; discendi da un’illustre schiatta; ricevi la mano di Silvia chè l’hai meritata.

Val. Ringrazio Vostra Altezza: questo dono forma la mia felicità: e vi scongiuro ora per l’amore di vostra figlia di concedermi un’altra grazia.

Duc. Qual ch’ella sia, raccordo a tua intercessione.

Val. Questi banditi, fra i quali vissi, son tutti uomini di egregie doti; perdonate loro i falli che han commessi e richiamateli dal loro esigilo. Mio principe, essi son ben mutati, e divenuti son dolci, cortesi e pieni di ardore per il bene, onde possono rendere allo Stato i più grandi servigi.