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184 I DUE GENTILUOMINI DI VERONA


Prot. Buona sera a Vossignorìa.

Sil. Vi ringrazio della bella musica, signori: chi è che parla.

Prot. Un uomo di cui riconoscereste in breve la voce, se aveste in cale la sincerità del suo cuore.

Sil. Messer Proteo, se non erro?

Prot. Messer Proteo, gentil donzella, vostro servitore.

Sil. Che cosa volete?

Prot. Quello che voi desiderate.

Sil. I vostri voti potranno essere adempiti: il mio desiderio è che vi allontaniate tosto da questi luoghi, e che rientriate in vostra casa. Come! spergiuro, vile raggiratore, uomo falso e sleale, credete voi ch’io sia tanto semplice, stupida così da lasciarmi sedurre dalle vostre adulazioni? dalle adulazioni di un uomo che ha traditi tanti infelici coi suoi giulramenti? Tornate, tornate verso il primo oggetto dei vostri amorì, e meritatene il perdono, perocchè per me, lo giuro per questa pallida sovrana della notte, son così avversa a cedere ai vostri voti, quanto vi disprezzo per l’indegnità delle vostre proposizioni. Dolgomi ancora del tempo che sperdo qui rispondendovi.

Prot. Consento, dolce Silvia, che ho amato, ma la mia amante è morta.

Giul. Potrei, se volessi, convincerti di menzogna, (a parte) perocchè son sicura, ch’ella non è sepellita.

Sil. Tu dici ch’è morta, ma Valentino, l’amico tuo, non vive egli ancora, e non fosti tu testimonio ch’io a lui vincolai la mia fede? Or non arrossisci tu di tradirlo colle tue improntitudini?

Prot. Udii dire del pari che Valentino fosse estinto.

Prot. Allora supponi ch’io pure lo sia; avvegnachè nella sua tomba andrà sepolto ogni mio amore.

Prot. Mia bella Silvia, lascia ch’io il disotterri.

Sil. Va, va al sepolcro della tua amata, e risvegliala co’ tuoi gemiti: se nol potrai, fa che la sua tomba divenga la tua.

Giul. (a parte) Ei non seguirà tal consiglio.

Prot. Signora, se il vostro cuore è così indurito, degnatevi almeno concedere il vostro ritratto all’amor mio: quel ritratto ch’è appeso nella vostra stanza. Ad esso favellerò, ad esso indirizzerò i miei sospiri, e lo bagnerò colle mie lagrime. Perocchè, la vostra persona così perfetta essendo sacra ad un altro, io non divengo che un’ombra, ma un’ombra che tributar vuole il suo fido amore alla vostra.

Giul. (a parte) Se tu possedessi l’originale l’inganneresti, e ne faresti che un’infelice come son io.