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180 I DUE GENTILUOMINI DI VERONA

ATTO QUARTO


SCENA I

Una foresta vicino a Mantova.

Entrano parecchi banditi.

Band. Amico, sta fermo; veggo un passeggiero.

Band. Quand’anche ve ne fossero dieci non tremate, mi gettatevi a terra. (entrano Valentino e Speed)

Band. Alto! signore, dateci il vostro denaro, o ve lo prenderemo.

Sp. Messere, siam serviti! Questi sono quegli scellerati tanto temuti dai viaggiatori.

Val. Miei amici...

Band. Non è così; siamo vostri nemici.

Band. Silenzio; vogliamo adirlo.

Band. Sì, per la mia barba, questo vogliamo, perchè è un uomo a dovere.

Val. Sappiate dunque ch’io ho ben poche ricchezze da perdere. Voi vedete un misero oppresso dalla sventura: le mie ricchezze restringonsi a queste vesti povere, e se me ne private non mi resterà nulla.

Band. Dove eravate rivolto!

Val. A Verona.

Band. Di dove venite?

Val. Da Milano.

Band. Soggiornaste molto colà?

Val. Forse sedici mesi, e vi sarei rimasto anche di più, se la fortuna crudele non me ne avesse cacciato.

Band. Foste di là espulso?

Val. Sì.

Band. Per quale offesa?

Val. Per ciò che non posso ridire senza dolore. Vi ho ucciso un uomo, la di cui morte ora mi contrista assai, sebbene ucciso l’abbia in duello equo, senza falsi vantaggi, o vili frodi.

Band. Non ve ne pentite, se lo avete ucciso così: ma foste bandito per così lieve colpa?

Val. Sì, e mi stimai lieto di tal condanna.