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ATTO TERZO | 173 |
Prot. Corri, Launzio, corri e ritrovalo.
Laun. Olà! olà!
Prot. Chi vedi?
Laun. Quello che cerchiamo: non vi è un solo capello che non sìa un Valentino.
Prot. Valentino?
Val. No.
Prot. Chi dunque? Il suo spirito?
Val. Neppure.
Prot. Chi dunque?
Val. Nessuno.
Laun. Può nessuno parlare? Padrone, lo debbo io battere?
Prot. Chi vuoi battere?
Laun. Nessuno.
Prot. Mariuolo, astientene.
Laun. Ma, signore, non batto nessuno? Vi prego.....
Prot. Ribaldo, ristatti dico. Amico Valentino, una parola.
Val. Le mie orecchie sono chiuse, e non possono udire buone novelle, tante furono le tristi che già le ferirono.
Prot. In un muto silenzio sepellirò dunque le mie, avvegnachè son aspre, cupe e dolorose.
Val. È morta Silvia?
Prot. No, Valentino.
Val. Non v’è più Valentino per Silvia. — Mi ha ella tradito?
Prot. No.
Val. Quali sono dunque le vostre novelle?
Laun. Vi è una grida che dice che siete svanito.
Prot. Che siete bandito è la novella: bandito da qui, da Silvia e da me, vostro amico.
Val. Oh! la mia anima è già piena di tale sventura, e l’eccesso del dolore mi opprimerà. È consapevole Silvia del mio esiglio?
Prot. Sì, ed ha offerto, per mutare questa condanna che resta irrevocabile, un oceano di perle che lagrime da alcuni si appellano: ella le ha versate a torrenti a’ piedi dell’inflessibile suo padre, prostrata dinanzi a lui in umile positura, torcendosi le mani, quelle belle mani d’alabastro, che il dolore sembrava aver fendute anche più bianche. Ma nè la sua attitudine, nè le sue pure mani alzate verso di lui, nè i suoi tristi sospiri, nè i suoi lunghi gemiti, nè i flutti argentei delle lagrime sue valsero ad intenerire il cuore del suo inesorabile padre. Ah Valentino! se preso sei, convien che tu muoia; e le preghiere di Silvia per te han talmente infellonito il duca, ch’egli ha ordinato venisse