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168 | DUE GENTILUOMINI DI VERONA |
Luc. Volete recidervi i vostri bei capelli?
Giul. No; gli attaccherò con fettuccie di seta, con cui intesserò mille e mille nodi di amore i più strani. Qualche cosa di bizzarro non istarebbe male ad un giovine di un’età anche più provetta di quella ch’io dimostrerò.
Luc. E come volete ch’io faccia i vostri calzoni?
Giul. Tanto varrebbe il dimandare: in qual guisa, o signore, volete si tagli il vostro guardanfante? Fammeli come vorrai.
Luc. Converrà li portiate attillati, come di moda.
Giul. No no, Lucietta, ciò non starebbe bene.
Luc. Ma un abito non di moda vi farà tosto conoscere.
Giul. Lucietta, se mi ami non mi infestare: trovami tu quello che reputerai più conveniente. Ma dimmi, fanciulla, come credi che possa essere giudicato questo mio viaggio? Non pensi che molti ne saranno scandalizzati?
Luc. Se ciò credete, statevene a casa.
Giul. Non voglio.
Luc. Non vi calga allora del disonore, e partite. Se Proteo approva il vostro viaggio, quando giungerete, che importa se spiace ad altri? Io temerei solo ch’ei pure non potesse riprenderlo.
Giul. Quest’è il più lieve dei miei timori, Lucietta. Mille giuramenti, una sera di lagrime sparse, e le prove ch’ei m’ha date del più ardente affetto, mi assicurano che Proteo mi riceverà con gioia.
Luc. Tutte queste cose sono sempre in potestà dei seduttori.
Giul. E le anime vili se ne servono per incarnare i loro vili disegni. Ma gli astri più gloriosi presiederono alla nascita di Proteo; le sue parole son vincoli sacri, i suoi giuramenti oracoli, il suo amore è sincero, i suoi pensieri son puri, le sue lagrime vengono interpreti del suo cuore, e il suo cuore è così lontano dalle frodi come lo è il cielo dalla terra.
Luc. Pregate il Cielo di trovarlo tale, allorchè lo rivedrete.
Giul. Se mi ami, Lucietta, non fargli l’oltraggio di dubitare della sua sincerità: tu non puoi meritare il mio amore altro che amando il mio Proteo. Seguimi ora nelle mie stanze, per prendervi nota di quello che è necessario mi procacci per questo viaggio che anelo di fare. Lascio in tua balìa tutto ciò che mi appartiene, le mie ricchezze, i miei beni, la mia riputazione: non ti chieggo altro che d’aiutarmi a partire prontamente di qui. Vieni, non dir altro, seguimi tosto: ardo d’impazienza, e ogni indugio mi è intollerabile. (escono)