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ATTO SECONDO 167

vuole che Turio sposi sua figlia. Valentino partito, impedirò con qualche altra astuzia la celebrazione delle nozze dell’idiota Turio. Amore, prestami le tue ali per attuare il mio divisamento, come mi prestasti il tuo genio per tessere questa tela. (esce)

SCENA VII.

Verona. — Una stanza nella casa di Giulia.

Entrano Giulia e Lucietta.

Giul. Consiglio, Lucietta; gentile fanciulla, assistimi; per amore te ne scongiuro, e supplico te, a cui son noti tutti miei pensieri. Illuminami, e trova qualche espediente perch’io possa intraprendere il viaggio di Milano senza lesione del mio onore, e perchè io raggiunga così il mio Proteo.

Luc. Oimè! è una via assai faticosa e lunga.

Giul. Un pellegrino, i di cui voti sono ardenti e sinceri, non si stanca pel cammino, e molto meno dovrò farlo io, a cui d’amore darà le ali, allorchè andrò verso un oggetto così divino, come è il mio amante.

Luc. Sarebbe meglio aspettare il suo ritorno.

Giul. Oh! tu non sai che la mia anima si nutre ne’ suoi sguardi. Abbi pietà di tutto quello che ho dovuto soffrire, veggendomene separata da sì gran tempo. Se tu conoscessi l’impressione interna dell’amore, vedresti che sarebbe così facile il dar fuoco alla neve, come l’estinguerne la fiamma con nude parole.

Luc. Non cerco di estinguere i fuochi ardenti del vostro amore, ma soltanto d’attiepidirli onde non vi abbrucino.

Giul. Più a ciò ti adoperi, e più li raccendi. Il fiume che scorre con placido corso, se arrestar si vuole, lo sai, ribolle. Ma quando nulla s’oppone all’andar suo, i flutti sgorgano con mormorio lusinghiero sopra un letto di sabbia, ei bacia tutti i fiori che trova sulle sue sponde, e dopo i lunghi errori va tranquillo a por foce nell’oceano: lasciami dunque, lascia che la mia via scorra del pari. Sarò dolce e pacifica come il ruscello, e mi allevierò le fatiche, noverando con diletto ogni mio passo, fino a che l’ultimo mi guidi dal mio amico: e là vicino a lui riposerò così voluttuosamente, come riposa agli elisi un’anima virtuosa e pura, dopo tutte le tempeste della vita.

Luc. Ma con qual abito vi andrete?

Giul. Non v’andrò con abito donnesco, per tema degli insulti dei libertini. Trovami, Lucietta, qualche vestimento che valga a mutarmi in un piccolo paggio.