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164 | DUE GENTILUOMINI DI VERONA |
io sono così ricco possedendo quel raro tesoro, come lo sarebbero venti mari di cui tutti i granelli di sabbia fossero altrettante perle, i flutti un nettare delizioso, e gli scogli un puro oro? Perdonami se la violenza del mio amore non mi consente di pensare a te. Il mio imbelle rivale, amato dal padre a cagione soltanto delle sue immense ricchezze, è partito con lei, e bisogna ch’io li segua: perocchè l’amore, tu il sai, è pieno di gelosia.
Prot. Ma ella però ti ama?
Val. Ci siamo promesso amore scambievolmente. V’è di più: abbiamo prese disposizioni segrete pel nostro matrimonio, e per la nostra fuga, e pel modo con cui debbo rapirla, salendo nelle sue stanze con una scala di corda; in una parola, abbiamo concertati tutti i disegni e abbiamo tutto ordinato per assicurare la nostra felicità. Mio caro Proteo, vieni meco, e in quest’importante bisogna soccorrimi coi tuoi consigli.
Prot. Va innanzi: ti seguirò fra poco. Debbo andar prima sulla nave per aver certi oggetti, poi sarò teco.
Val. Sii sollecito.
Prot. Non dubitarne. (Val. esce) Come un calore dissipa un altro calore, o come un chiodo ne caccia un altro, la memoria del mio amore è quasi interamente svanita dinanzi a un nuovo oggetto. Ne fu cagione l’impressione de’ miei occhi o gli elogi di Valentino? È il vero merito di Silvia, o il falso giudizio della mia infedeltà che mi fa dir così? Ella è bella, ma bella è pure la Giulia ch’io amo, o che ho amata; perocchè il mio amore è spento, e simile a un’imagine di cera discìolta davanti ad un gran fuoco, non me ne rimane alcun segno. Sento che la mia amicizia per Valentino è intepidita, e che non l’amo più come lo amavo. — Oh! amo, amo troppo la sua amante, ed ecco perchè amo lui così poco. Che diverrà la mia passione quando la conoscerò meglio, io che comincio ad adorarla in tal modo quasi senza conoscerla? Non ho a così dire veduto che il suo ritratto esteriore, ed esso ha di già tanto abbagliato gli occhi della mia ragione! Ma allorchè contemplo lo splendore delle sue doti, veggo che ne perderò la vista; e nondimeno voglio, se è possibile, resistere ad un amore che mi fa traviare; se poi ciò non posso, adoprerò ogni arte per esserne contento. (esce)