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ATTO SECONDO 163


Val. Come sta la tua amante? Come va il tuo amore?

Prot. I miei racconti d’amore solevano fastidirti: so che non ti piaci in discorsi d’amore.

Val. Ah Proteo! i tempi sono ora ben mutati, e ben punito mi veggo de’ miei antichi dispregi. L’amore si è vendicato della mia noncuranza con privazioni crudeli, sospiri dolorosi, lagrime di notte e angoscie di giorno, senza lasciarmi un istante di tregua. In punizione de’ miei dispregi l’amore ha bandito il sonno dagli stanchi miei occhi, e gli ha costretti a vigilare e a vedere i dolori del mio cuore. O mio caro Proteo! L’amore è un signor possente: ed ei mi ha tanto umiliato, che confesso che non vi son mali comparabili ai suoi castighi, nè v’è felicità sulla terra paragonabile a quella che dà il servirlo. Non mi parlar più ora che dell’amore. Il solo amore mi basta; e per udir ripeter sempre tal nome acconsentirei a privarmi di nutrimento e di sonno.

Prot. Basta; leggo la tua sorte ne’ tuoi occhi. E quale è l’idolo che adori?

Val. La fanciulla che era qui dianzi: non è ella una celeste cosa?

Prot. No; è una beltà della terra.

Val. Chiamala divina.

Prot. Non voglio adularla.

Val. Oh! adula me, perocchè l’amore si piace nelle lodi.

Prot. Quand’ero infermo mi davate pillole più amare; e convien ch’io ne ministri di simili a voi.

Val. Dunque di’ il vero di lei, e se non vuoi chiamarla divina chiamala almeno la più bella creatura.

Prot. Dopo la mia amante.

Val. Dopo nessuna, amico: o tu offenderai l’amata mia.

Prot. Non ho io ragione di preferire quella che amo?

Val. Ed io pure t’aiuterò a preferirla. Ella meriterà l’onore supremo di sostenere la veste a coda della mia amante, per tema che la terra troppo ignobile non involi un bacio alle sue vestimenta, e che superba di un tanto favore non isdegni di produrre i vaghi fiori dell’estate, e non faccia l’inverno più aspro ed eterno.

Prot. Che vuoi tu dire, Valentino, con tutte queste parole?

Val. Perdonami, Proteo, non posso mai dire abbastanza per lodar quella, il di cui merito ne cancella ogni altro. Ella è unica della sua specie.

Prot. Ebbene lasciala sola.

Val. No, pel mondo intero! Sai tu, Proteo, che è mia, e che