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ATTO SECONDO | 157 |
Sil. Se vi piacerà, dico, tenetela per premio delle vostre fatiche: per ora buon giorno, signore. (esce)
Sp. Oh astuzia! oh enigma inesplicabile! oh arte invisibile come il naso in mezzo al volto, o un pavone sulla punta di un campanile! Il mio padrone sospira per lei, ed ella ha insegnato al suo schiavo, al suo pupillo, a divenir suo precettore. Oh eccellente stratagemma! Ne fu mai trovato un migliore? Il mio padrone è segretario della sua amata, e scrive a se stesso le lettere ch’ella gli indirizza.
Val. Ebbene, malandrino? Che stai dicendo fra te?
Sp. Facevo rime; ma avete ragione.
Val. In che?
Sp. In servire da interprete alla vaga Silvia.
Val. Verso di chi?
Sp. Verso di voi: ella vi amoreggia sotto figura rettorìca.
Val. Sotto figura?
Sp. Sotto traslato: con una lettera, voglio dire.
Val. Ma ella non mi ha scritto?
Sp. Che bisogno ne ha quando voi vi siete assunto di farlo? Non vi avvedete della beffa?
Val. No in verità.
Sp. Non notaste la sua aria grave?
Val. Udii che mi rimproverò.
Sp. Non vi diede una lettera?
Val. Fu una lettera che scrissi ad un suo amico.
Sp. Ma la lettera è ora andata al suo indirizzo.
Val. Vorrei che non avessi torto.
Sp. Vi assicuro che mi appongo. Voi le avete spesso scritto, ed ella per modestia o per mancanza di tempo non poteva rispendervi; fors’anche temendo che un messaggiere non la tradisse, ha insegnato al suo amante a scrivere al suo amante. — Questo ch’io dico è vero come una cosa stampata: che in istampa trovai tale ammonizione. — A che pensate, messere? È ora di desinare.
Val. Ho desinato.
Sp. A meraviglia; ma uditemi, signore: sebbene il camaleonte ancora si nutra d’aria, io mi pasco di vivande, e mi diletto di cibi più materiali. Oh imitate la nuova scuola degli amatori: mangiate, mangiate. (escono)