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I DUE GENTILUOMINI
DI VERONA
ATTO PRIMO
SCENA I
Una piazza in Verona.
Entrano Valentino e Proteo
Val. Cessa da’ tuoi discorsi, mio amato Proteo; la gioventù che non esce dal suo paese, non ha mai che uno spirito ristretto. Se l’amore non incatenasse i tuoi giovani anni ad una donna assai degna di essere amata, ti esorterei ad accompagnarmi per vedere le meraviglie di un mondo sconosciuto, piuttosto che startene qui in una stupida indolenza, logorando la gioventù nella inerzia che sfibra d’ogni vigore: ma poichè tu ami, abbandonati alle tue inclinazioni, e cerca di essere così felice, come vorrò esserlo io stesso, allorchè comincierò sentire le passioni tenere.
Prot. Tu vuoi dunque lasciarmi? Addio, mio caro Valentino; pensa al tuo Proteo. Se per avventura vedi ne’ tuoi viaggi qualche oggetto degno di ammirazione, desidera d’avermi teco per dividere la tua felicità: se poi i pericoli ti minacciano raccomandati alle sante preghiere dell’amicizia, ed io sarò tuo intercessore.
Val. Amare per non raccogliere altro frutto de’ propri gemiti che disprezzo, un freddo e sdegnoso sguardo per le angoscie di un cuor straziato; comprare un momento di gioia colle noie, le pene e l’insonnia di venti notti; se anche trionfate, avere una vittoria che costa lunghi pentimenti: se a nulla riuscite.