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IL RE ENRICO VI — ATTO QUARTO 45

tere si lasciavano dall’infortunio; ma pieni di risolutezza e di impassibilità mostravansi anche nelle più spaventose disavventure. Chiunque non è dotato di tali qualità non è che un usurpatore del nome sacro di cavaliere; ei profana l’onore di quest’ordine; e dovrebbe, a parer mio, essere diffamato come un villano, che nato nell’oscurità osasse vantarsi di un sangue nobile.

Enr. Obbrobrio del tuo paese, tu hai uditala tua condanna, fuggi dal nostro cospetto, vile, che fosti un tempo cavaliere: noi ti bandiamo dalla nostra presenza sotto pena di morte. (Fast. esce) Ora, lord protettore, vediamo la lettera che manda il nostro zio duca di Borgogna.

Gloc. Che intende Sua Altezza mutando così di stile? (guardando la lettera) Non si vede qui che quest’indirizzo nudo e famigliare: al re. Ha egli dunque obbliato che Enrico è il suo sovrano? o questa formola di poco rispetto annunzia essa qualche cambiamento nella sua volontà? Vediamo dò che dice (legge) «Arrendendomi ad istanze particolari, e commosso dalle sventure della mia patria, e dai lamenti delle vittime sfortunate che voi opprimete, ho abbandonata la vostra iniqua fazione, e mi sono unito a Carlo re legittimo di Francia». Oh tradimento iniquo! Possibile che non si trovi per frutto d’un’alleanza, di un’amicizia cementata da tanti giuramenti, che un’empia malafede, e una perfidia atroce?

Enr. Che! il duca di Borgogna, mio zio, si ribella contro di noi?

Gloc. Sì, mio principe, egli è divenuto vostro nemico.

Enr. È questo tuttociò che la sua lettera contiene di sinistro?

Gloc. Sì, mio sovrano; questo egli scrìve.

Enr. Ebbene, lord Talbot avrà un colloquio con lui, e saprà punirlo della sua astuzia. — Milord, che ne dite voi? Non è questo ancora il parer vostro?

Tal. Sì certo, mio re; e se non mi aveste prevenuto, vi avrei supplicato di concedermi tale ufficio.

Enr. Raccogliete il vostro esercito, e marciate senza dimore; ch’ei sappia quale sdegno ci ispira la sua perfidia, e qual delitto è l’insultare i proprii amici.

Tal. Parto, mio principe, formando nel mio cuore il voto che voi possiate ben tosto veder confusi i vostri oppositori.

(esce: entrano Vernon e Basset)

Ver. Concedetemi il combattimento, grazioso sovrano!

Bass. Ed a me ancora concedetelo milord!