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ATTO QUINTO 139


Claud. Credo pensi al toro selvatico. Calmatevi, amico, noi doreremo le vostre corna, e tutta Europa sarà lieta di vedervi; come lieta fu un tempo Europa, allorchè il concupiscente Giove si trasformò per suo amore in quella nobile bestia.

Ben. Il toro Giove, signore, ebbe un’amabile giovenca; e forse qualche strano animale di questa specie corteggiò la compagna di vostro padre, e ne trasse un vitello che vi rassomiglia, poichè voi avete il suo muggito. (rientra Antonio colle fanciulle mascherate)

Claud. Vi ringrazio del leggiadro motto. — Ma ecco miglior occupazione. — Qual’è la fanciulla di cui debbo prendere possesso?

Ant. È questa, e ve la do.

Claud. Ebbene, essa è mia. — Vaga donzella, lasciatemi vedere il vostro volto.

Leon. No, non la vedrete finchè non abbiate presa la di lei mano, e giurato dinanzi a questo religioso di sposarla.

Claud. Datemi la vestila mano adunque, e in presenza di questo santo padre mi dichiaro vostro consorte, se voi mi amate.

Ero. (smascherandosi) Allorchè vivevo fui un’altra vostra moglie; e quando mi amavate foste un altro mio marito.

Claud. Una nuova Ero?

Ero. Nulla è più sicuro. Un’Ero morì disonorata; ma io vivo, e quant’è vero che vivo, sono innocente.

D. Pedro. La medesima Ero? Ero già morta?

Leon. Ella stette morta, signore, fino che visse la sua calunnia.

Il Frate. Io posso spiegarvi tutto quello che vi meraviglia. Allorchè la santa cerimonia sarà finita, vi narrerò ogni particolare sulla morte della bella Ero. Intanto rinvenite dalla vostra sorpresa e avviamoci all’altare.

Ben. Adagio, padre. — Dov’è Beatrice?

Beat. (smascherandosi) A questo nome io rispondo: che volete da me?

Ben. Mi amate voi?

Beat. Non più che di ragione.

Ben. Allora dunque vostro zio, il principe e Claudio furono ingannati, poichè mi giurarono che mi amavate.

Beat . E voi amate me?

Ben. Non più che di ragione.

Beat. Dunque mia cugina, Margherita e Orsola furon deluse, fuorchè giurarono che ciò facevate.