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ATTO QUINTO | 137 |
SCENA III.
L’interno di una chiesa.
Entrano Don Pedro, Claudio e seguito, vestiti a lutto con musica e torcie.
Claud. È questo il monumento di Leonato?
Uno del seguito. Sì, signore.
Claud. (leggendo una pergamena) «Vittima di lingue calunniatrici Ero morì, e qui giace: la morte, per riparare l’ingiuria sua, le assicura una fama che non avrà fine. Un oltraggio fatto alla sua innocenza troncò i suoi giorni; ma il sepolcro le rende la sua purità e la sua gloria». Tu epitafio, che affiggo alla di lei tomha, parla ancora per lode sua quand’io sarò muto. — Ora, musici, suonate e cantate il vostro inno solenne.
Inno.
«Perdona, o dea delle tenebre, a coloro che uccisero questa giovine vergine! È per espiare tal colpa ch’essi vengono alla sua tomba ad innalzare questi canti. Oh mezzanotte, seconda i nostri gemiti! Aiutane a sospirare e a piangere nel nostro dolor profondo. Tombe, disserratevi e lasciate errare la di lei ombra; lasciatela mirar le lagrime del nostro profondo dolore».
Claud. Ora abbian pace le tue ossa! Ogni anno rinnoverò questo rito.
D. Pedro. Buon giorno, amici; estinguete i vostri fanali. I lupi han cessato di predare; e la dolce aurora precedente il carro del sole, tinge con macchie grigiastre l’oriente addormentato. Ricevete tutti i nostri ringraziamenti, e lasciateci; addio.
Claud. Buon giorno, signori; ognuno vada per la sua strada.
D. Pedro. Esciamo da questi luoghi; deponiamo questi abiti di lutto, e voliamo alla casa di Leonato.
Claud. Così l’imeneo che si apparecchia riesca per noi più lieto che nol fu quello che ci costrinse a questo trìbuto di dolore!
(escono)
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SCENA IV.
Una stanza nella casa d! Leonato.
Entrano Leonato, Antonio, Benedick, Beatrice, Orsola, il Frate ed Ero.
Il Frate. Non ve l’avevo io detto ch’ella era innocente?
Leon. E così pur sono il principe e Claudio che l’accusavano