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ATTO QUINTO | 135 |
Ben. Il tuo spinto è alacre come la bocca del veltro; subito morde.
Marg. E il vostro così ottuso come il fioretto di uno schermitore che batte, ma non ferisce.
Ben. Uno spirito veramente maschio, Margherita, non deve ferire una donna: ma ti prego, chiama Beatrice; io ti cedo le armi e depongo lo scudo.
Marg. Datene la spada; gli scudi sono in nostra potestà.
Ben. Se ve ne servite, Margherita, lo dovete far con cautela. La spada è un’arma pericolosa per le fanciulle.
Marg. Corro a chiamar Beatrice che verrà di volo. (esce)
Ben. Così sia. (cantando)
«Dio d’amore
Che in Ciel risiede
Sa se il mio cuore
Trovi mercede...»
Cantando va a dovere; ma in amore... Leandro nuotava bene, Troilo fu il primo che conoscesse il fremito delle passioni, ma di tutta quella schiera di antichi amanti, i di cui nomi sgorgano anche oggi con tanta dolcezza fra gli estri Febei, alcuno non ve ne fu così compiutamente sconvolto come lo sono io ora. Sciagura a me che noi posso provare in versi! cercai di farlo, ma non seppi trovare altra rima a signora che mora, rima incompatibile; per scorno, ho rinvenuto corno, durissima rima; per scuola, fola, rima da ragazzi; rime di niun costrutto. No, io non fui generato sotto un pianeta poetico; io non so amoreggiare col linguaggio dei celesti, (entra Beatrice) Cara Beatrice, vuoi tu venire quand’io ti chiamo?
Beat. Sì, signore, per dipartirmi quando me l’imporrete.
Ben. Oh fermati fino a quel momento!
Beat. La parola è dunque detta; addio. E nondimeno, prima della mia partenza, rimandatemi soddisfatta sull’oggetto che mi ha fatto venire; fu di sapere quello che accadde fra voi e Claudio.
Ben. Soltanto aspre parole; ma lasciate ch’io vi dia un amplesso.
Beat. Aspre parole sono aspro vento, ed aspro vento è aspro alito, e l’alito aspro è nocivo; perciò vuo’ dipartirmi senza amplessi.
Ben. Tu hai tolto alle mie parole il loro vero significato, tanto subdolo è il tuo spirito. Ma forza è ch’io ti dica apertamente che Claudio ha avuta la mia sfida, e ch’io o avrò in breve novelle