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ATTO QUINTO 133


Claud. Dolce Ero! Ora la tua imagine mi ritorna alla mente colle forme celesti con cui io prima t’amai.

Dog. Via, riconducete il piagnone; il nostro sagrestano devo a quest’ora aver istruito di tutto il signor Leonato. A tempo debito amici, non vi dimenticate di ricordare ch’io sono un ciuco.

Verg. S’avanza il signor Leonato, in compagnia del sagrestano.

(entrano Leonato ed Antonio col sagrestano)

Leon. Dov’è lo scellerato? Ch’io ne vegga gli occhi, acciocchè quando incontrerò un altro uomo simile, possa evitarlo. Quale è di questi?

Bor. Se volete conoscere il vostro offensore, guardate me.

Leon. Sei tu l’iniquo, che col tuo alito infernale hai uccisa la mia innocente figlia?

Bor. Sì, io, io solo.

Leon. No, tu non sei tanto malvagio. Te stesso calunnii. Qui sta una coppia d’illustri personaggi (il terzo è fuggito) che ordirono la trama. Vi ringrazio, principi, della morte di mia figlia. Iscrivete quest’azione fra le vostre più rare e più belle. Gloriosa, gloriosa in verità fu tale opera!

Claud. Non so come implorare la vostra pazienza perchè mi ascoltiate, e nondimeno conviene che parli. Scegliete voi medesimi la vostra vendetta. Infliggetemi quella pena che potrete imaginare nel vostro dolore, per punire il mio delitto, sebbene commesso io non l’abbia che per errore.

D. Pedro. Che questo sia vero, lo giuro sulla mia anima: però per dare soddisfazione a questo degno vecchio, mi assoggetto a tutto quello ch’egli vorrà imporne di più rigoroso.

Leon. Non posso comandarvi di far rivivere mia figlia, che ciò è impossibile, e vi prego solo entrambi di bandire dinanzi a tutto il popolo di Messina che ella è morta innocente. — Se il vostro amore (a Claud.) si pasce di qualche commovente pensiero, affiggetelo come epitafio sulla di lei tomba, e scioglietelo in canto alle sue ceneri. — Dimani venite a casa mia; e poichè non è più possibile che siate mio genero, apparecchiatevi a divenire almeno mio nipote. Mio fratello ha una figlia che è quasi l’imagine viva di quella che è morta, ed è l’unica ereda di entrambi: datele quel titolo che avreste dato a sua cugina, e con ciò finisce la mia vendetta.

Claud. Oh generoso vecchio! l’eccesso della vostra bontà mi strappa le lacrime. Accetto l’offerta vostra, e d’ora innanzi disponete dello sfortunato Claudio.

Leon. Onde domani mattina vi aspetterò a casa mia, e mi