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ATTO QUARTO 125


Bor. Boracchio.

Dog. Vi prego di scrivere, Boracchio. — E il vostro, camerata?

Cor. Io sono un gentiluomo, messere, e il mio nome è Corrado.

Dog. Scrivete... il messer gentiluomo Corrado. — Bei cavalierì, servite voi Iddio?

Cor. e Bor. Sì, signore, così speriamo.

Dog. Scrivete ch’essi sperano dì servir Iddio, e scrivete Iddio pel primo; perocchè a Sua Divinità non piaccia che Dio dovesse andar dietro a tali furfanti! — Signori, è già provato che voi siete poco meglio che falsi malandrini; e in breve ciò sarà creduto da tutti. Come rispondete per difendervi?

Cor. Dicendo che tali non siamo.

Dog. Maraviglìoeo e spiritoso amico è costui, ve ne assicuro; ma lo seguirò dappresso. — Avvicinatevi, ora voi: una parola all’orecchio, signore; io vi annunzio che siete riputati dannati malandrini.

Bor. Ed io vi dico, signore, che tali non siamo.

Dog. Bene, separateli. Giuro al Cielo, han concertata insieme la risposta. Avete scritto che tali non sono?

Sagr. Messere, questo non è il modo di esaminarli; dovete chiamar la guardia, per conoscere di che sono accusati.

Dog. Sì, davvero, quest’è la via più spedita. — Venga la guardia. — Amici, io v’impongo in nome del principe di accusare questi uomini.

Guard. Quest’uomo, signore, disse che don Giovanni, fratello del principe, era uno scellerato.

Dog. Scrivete... Il principe Giovanni uno scellerato; è come uno spergiuro. Chiamare il fratello del principe scellerato!

Bar. Messer giudice...

Dog. Pregoti, taci; non mi piace il tuo viso, te ne assicuro.

Sagr. Che gli udiste dir altro?

Guard. Che aveva ricevuti mille ducati da don Giovanni per accusare Ero senza colpe.

Dog. È il più gran furto che mai sia stato commesso.

Verg. Sì, per la messa! tal è.

Sagr. Che v’è altro, amico?

Guard. Che il conte Claudio intendeva, da quanto gli era stato detto, di disonorar Ero dinanzi a tutti, e di non isposarla.

Dog. Oh scellerato! Tu sarai condannato ad un’eterna redenzione per ciò.