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ATTO TERZO 111


Bor. Sappi dunque che ho guadagnati a don Giovanni milleducati.

Cor. È egli possibile, che una scelleraggine venga pagata sì cara?

Bor. Chiedi piuttosto come sia possibile che esistano scellerati tanto ricchi da pagarla; perocchè quando lo scellerato ricco ha bisogno dello scellerato povero, il povero può statuire il prezzo a piacer suo.

Cor. Mi meraviglio di ciò.

Bor. Questo mostra quanto sei novizio. Tu sai che la moda di un cappello, di un giubboncino, di un manto, non è nulla, per un uomo.

Cor. Si, è il suo apparecchio.

Bor. Io m’intendo la moda.

Cor. La moda è la moda.

Bor. Così io pure potrei dire che uno stolto è uno stolto. Ma non vedi tu qual deforme ladro è la moda?

Guard. Conosco quello scaltrito malandrino, che ruba da sette anni; e s’introduce qua e là come un gentiluomo. Io ben ne rimembro il nome.

Bor. Non udisti qualcuno?

Cor. No; fu il vento per le finestre.

Bor. Non vedi, dico io, qual deforme ladro è questa moda? Come vertiginosa ella si aggira intorno a tutte le teste calde dai quindici ai trentacinque anni? Talvolta veste i mortali da soldati di Faraone affumicati e mesti; talvolta li acconcia da preti del Dio Belo, quali si veggono nei veroni dell’antica Chiesa; talvolta li fa simili all’Ercole che si discerne nelle nostre logore tappezzerie, che ha il dito mignolo grosso al pari della clava.

Cor. Tutto questo io veggo; e veggo che la moda consuma più abiti che non l’uomo; ma la moda non istordisce ella anche te, allorchè di lei parlandomi obblii la tua storia?

Bor. No: sappi dunque che questa notte io ho amoreggiata Margherita, donzella di Ero, sotto il nome della sua signora: e ch’ella mi ha stesa la mano dalle finestre del suo appartamento e mi ha fatto mille teneri addii. Ti narro ciò senz’ordine; e avrei dovuto dirti prima che il principe, Claudio e il mio padrone, prevenuti e appostati da don Giovanni, han veduto da lungi, da un angolo del giardino, quell’incontro amoroso.

Cor. E hanno essi creduto che Margherita fosse Ero?

Bor. Due di loro l’han creduto, il principe e Claudio; non così il mio demonio di padrone che ben attera che era Margherita;