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95 | ATTO SECONDO |
Claud. Ed anche su di me, signore.
D. Pedro. E su di voi pure, amabile Ero?
Ero. Farò quanto potrò, signore, per procurare a mia cugina la mano d’un buon marito.
D. Pedro. E fra quelli ch’io conosco, Benedick non sarebbe il peggiore: egli è d’un sangue illustre, d’un valore incontestato,, e d’un’onestà a tutte prove. Vuo’ insegnarvi il mezzo d’indurre vostra cugina ad amarlo; intantochè io co’ miei due amici mi adoprerò intorno a lui. In onta del suo spirito tenace e de’ suoi falsi gusti lo accenderò per Beatrice. Se possiamo riuscire in ciò, Cupido non sarà più arciere; tutta la sua gloria ricadrà in noi; perocchè noi saremo i soli numi dell’amore. Entrate con me, ed io vi chiarirò tutto il mio disegno. (escono)
SCENA II.
Un’altra stanza nella casa di Leonato.
Entrano Don Giovanni e Boracchio.
D. Gio. Così è; il conte Claudio sposerà la figlia di Leonato.
Bor. Sì, ma io gli attraverserò la strada.
D. Gio. Ogni barriera, ogni ostacolo, ogni impedimento sarà un balsamo per me: malato io sono per l’odio che porto a colui, e qualunque cosa che conduca in rovina i suoi amori, mi rende felice. Come impedirai tu tal matrimonio?
Bor. Non onestamente, signore; ma in modo tanto coperto che niuna disonestà apparirà in me.
D. Gio. Spiegati presto.
Bor. Credo avervi confidato, signore, un anno fa, quanto io sia amato da Margherita, donzella d’Ero?
D. Gio. Lo rammento.
Bor. Io posso a qualunque ora della notte farla venire al verone della sua signora.
D. Gio. E come entra questo col matrimonio?
Bor. Il veleno che in ciò sta, tocca a voi lo spremerlo. Andate a trovar il principe vostro fratello, e ditegli ch’egli avvilisce il suo onore, dando all’illustre Claudio, di cui voi encomierete altamente la persona, una vile creatura com’è Ero.
D. Gio. E come proverò io ch’è vile?
Bor. Ne avrete una prova che varrà ad ingannare il principe, a cruciar Claudio, e disonorare Ero, e a far morire Leonato: vi piace codesto?