Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1859, V-VI.djvu/465

66 LE ALLEGRE FEMMINE DI WINDSOR


Slen. Sì, in verità; ho discorso con lei, e abbiamo una parola di convenzione per riconoscerci. Io andrò da lei vestito di bianco, e griderò mum1; ella risponderà: ricchezza; e con ciò ci conosceremo.

Shalì. Va bene: ma che bisogno c’era di tal parola? Il bianco bastava a tutto. — Son suonate le dieci.

Pag. È notte scura; i lumi e gli spiriti ci figureranno a meraviglia. Benedica il Cielo il nostro sollazzo! Niuno pensa a male fuorchè il diavolo che ben conosceremo da!le coma. Andiamo; seguitemi. (escono)

SCENA III.

La strada di Windsor.

Entrano mistress Page, mistress Ford e il dottor Cajus.

Mis. Page. Signor dottore, mia figlia è vestita di verde: allor che ne avrete opportunità, prendetela per mano, e conducetela sollecitamente alla chiesa. Andate innanzi nel parco; noi due verremo insieme.

Caj. So quello che ho da fare; addio.

Mis. Page. Addio, signore. (Caj. esce) Mio marito non si allegrerà tanto alla beffa di Falstaff quanto si sdegnerà pel matrimonio di mia figlia: ma non vale; meglio un po’ di sdegno che un lungo crepacuore.

Mis. Ford. Dov’è ora Anna co’ suoi silfi? Dove il diavolo gallese Ugo?

Mis. Page. Appiattati tutti nella fossa della foresta coi lumi spenti, che scintilleranno al momento del nostro incontro con Falstaff.

Mis. Ford. Ciò lo farà ben stupire.

Mis. Page. Se non rimarrà stupito, rimarrà schernito; se non rimarrà meravigliato, rimarrà beffato.

Mis. Ford. L’inganno è bello.

Mis. Page. Punire siffatti ribaldi non è dellitto, il tradirli è virtù!

Mis. Ford. L’ora si avvicina; alla quercia, alla quercia!

(escono)

  1. Che vuol dir zitto.