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ATTO TERZO | 47 |
Quick. Il Cielo ti faccia felice! Che buon cuore egli ha! una donna correrebbe fra il fuoco e l’acqua per ottenere un cuor sì buono. Nondimeno vorrei che il mio signore avesse miss Anna, o se non lui, messer Slender; o se non Slender, Fenton. Farò quanto posso per tutti e tre; perchè così ho promesso, e voglio osservar la mia parola; ma adopriamoci sopra tutto in favore di quest’ultimo. Ah! ah! debbo recare un altro messaggio a sir Giovanni Falstaff per parte delle dame, e sto qui da bestia cianciando fra di me! (esce)
SCENA V.
Una stanza nell’albergo della Giarrettiera.
Entrano Falstaff e Bardolfo.
Fal. Bardolfo, dico...
Bard. Eccomi, signore.
Fal. Va a cercarmi un fiasco di vino e due capponi arrosto. (Bard. esce) Son io vissuto tanto tempo per dover entrare in un cesto come carne da beccaio, e per esser gettato nelle fosse del Tamigi? Bene; se mai più servirò a cotal beffa vuo’ mi si facciano saltare le cervella, e siano date a’ cani per strenna. I malandrini mi cacciarono nell’acqua con così poca mansuetudine con quanta vi avrebbero gettato i parti novelli di una bestia: dalla mia persona si può argomentare fino a quale profondità io sia giunto: se l’imo di quella pozzanghera fosse stato in giù come l’inferno, l’avrei toccato. Fortunatamente trovai uno sterpo, senza di cui mi sarei annegato; morte che abborro; avvegnachè l’acqua gonfi l’uomo, e non si possa imaginar quello ch’io sarei divenuto, se mi fossi gonfiato! Io allora sarei sembrato la mummia di un alto monte. (rientra Bardolfo col vino)
Bard. Vi è mistress Quickly, signore, che vorrebbe parlarvi.
Fal. Lascia prima che mescoli un po’ di vino all’acqua del Tamigi; perchè il mio ventre è freddo, come se avessi inghiottite palle di neve per farmaco, onde rinfrescarmi le reni. Ora chiamala.
Bard. Entrate, donna. (entra mistress Quickly)
Quick. Con vostro permesso vi chiedo misericordia. — Do il buon giorno a Vostra Signoria.
Fal. Porta via questi calici: recami un altro fiasco.
Bard. Con uova, signore?
Fal. No, da sè; non vuo’ germi di pollo fra le mie bevande. (Bard. esce) Ebbene?