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ATTO TERZO | 39 |
Pag. Lo arete, messer Slender: mi dichiaro interamente per voi: ma mia moglie, dottore, s’interessa alla vostra sorte.
Caj. Sì, pel Cielo! e la fanciulla mi ama: la mia governante Quickly me ne assicura.
Ost. Che diverrebbe allora il giovine Fenton che danza, verseggia, spira aprile e maggio, ha occhi gai e vispi? Egli l’avrà, l’avrà; il fiore non può essere che suo.
Pag. Non col mio consenso, ve lo prometto. Quel gentiluomo è povero: era della compagnia del principe; è di sfera troppo elevata, e sa troppo. No, ei non intreccierà le sue fortune colle mie: s’ei la prende l’avrà senza dote; le ricchezze che io le do saranno unite al mio assenso, e da questa parte il mio assenso non v’è.
Ford. Ve ne prego di cuore, qualcuno di voi venga meco a pranzo: oltre il buon pasto avrete un diporto; vi farò vedere un mostro. — Dottore, voi verrete; voi pure, messer Page. e voi anche, Ugo.
Shall. Ebbene, addio: amoreggieremo più liberamente Miss Anna. (esce con Slend.)
Caj. Va a casa, Giovanni Rugby: verrò fra poco. (Rug. esce)
Ost. Addio, dolci cuori: vuo’ correre dal mio onesto cavaliere Falstaff, per bere Canarie in sua compagnia. (esce)
Ford. (a parte) Credo che prima berrò succo di bastone con lui; vuo’ farlo danzare. Volete venire, signori?
Tutti. Volontieri, andiamo a vedere il mostro. (escono)
SCENA III.
Una stanza nella casa di Ford.
Entrano mistress Ford e mistress Page.
Miss. Ford. Ebbene, Giovanni! Ebbene, Roberto!
Miss. Page. Presto, presto: è preparato...
Miss. Ford. Sì, sì: dunque, dico, Robin!
(entrano alcuni domettiei con un cesto)
Miss. Page. Venite, venite, venite.
Miss. Ford. Ponetelo qui.
Miss. Page. Date gli ordini ai vostri uomini; il tempo incalza.
Miss. Ford. Ricordatevi quello che vi ho detto. Voi Giovanni, e voi Roberto, siate pronti nella stanza vicina; e quando vi chiamerò, venite e prendete senza indugi questo cesto in spalla;