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ATTO SECONDO 29

fetto, e l’avversione che sento per l’orgoglioso Sommerset, e Guglielmo Pole, porterò questa rosa che mi chiarisce del vostro partito. Però io presagisco che questa contesa della rosa bianca e della rosa rossa, nata nei giardini del tempio, e che ha già composta una fazione, precipiterà migliaia d’uomini nel sepolcro.

Plan. Buon sir Vernon, io vi debbo molto per aver voluto voi cogliere una rosa del colore da me eletto.

Ver. E ch’io sempre porterò in favor vostro.

L’avvocato. Ed io pure.

Plan. Vi ringrazio, gentil signore. Venite, andiamo a mensa. Oso dirvi che giorno verrà, in cui questo piato farà spargere molto sangue. (escono)

SCENA V.

Una stanza nella Torre.

Entra Mortimero, portato sopra una sedia da due carcerieri.

Mar. Carcerieri, avendo pietà della mia inferma e decrepita vecchiezza, lasciatemi riposar qui. Io soffro in tutte le mie membra, addolorate per sì lunga prigionia, come un tapino escito dalla tortura. Vecchio come Nestore, e affralito da un secolo di mali, questi bianchi capelli, forieri di morte, annunziano la fine di Edoardo Mortimero; questi occhi, come due lampade di cui l’olio è consunto, si oscurano di più in più, e stanno per estinguersi. Le mie spalle piegano sotto il peso dei guai, e le mie braccia cadono languide e senza forza, come un vigneto appassito i di cui secchi rami si adagiano sulla terra: nondimeno questi piedi, la pianta affaticata dei quali non può più sostenere questo volume d’argilla, sembrano ritrovar nuove forze nel desiderio di arrivare alla mia tomba; certo come io sono di non avere omai più altro ricovero. — Ma dimmi, carceriere, verrà mio nipote?

Car. Riccardo Plantageneto, milord, verrà: noi mandammo da lui al tempio, e n’avemmo favorevole risposta.

Mar. Basta: la mia anima sarà dunque soddisfatta! Infelice giovine! la sua sorte e le sue sventure eguagliano le mie. Da che Enrico Monmouth ha cominciato a regnare (oimè! prima della sua elevazione io era illustre nelle armi), io fui ristretto nella solitudine di questo odioso carcere! E da quel tempo medesimo Riccardo è caduto nell’oscurità, spogliato del suo onore e del suo retaggio. Ma ora che la morte, arbitra benefica che pon fine a tutti i mali e redime l’uomo dagl’infortunii della vita, va colla sua pietosa mano a spalancarmi la porta della prigione, vorrei