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ATTO TERZO 357

mia potenza e delle mie facoltà. Le mie mire personali son sempre state dirette in modo da attendere al bene della vostra augusta persona, e alla prosperità dello Stato. Quanto ai gran favori che avete accumulati sopra il mio capo, molto al di là del mio deboia merito, non posso che offrirvi umili azioni di grazia e preghiere, e una fedeltà che si è sempre accresciuta, e che non cesserà se non quando il freddo della morte venga ad agghiacciarne il fervore.

Enr. Sempre meglio. Un suddito leale e sottomesso si fa bello della sua fedeltà; l’onore della sua affezione ne è la più degna ricompensa, come l’infamia, se è traditore, ne è la punizione. Suppongo che, come la mia mano si è sempre aperta per colmarvi di beni, che, come il mio cuore vi ha prodigato il suo affetto, e la mia potenza ha versato gli onori sul vostro capo in maggior copia che sopra quello di ogni altro de’ miei sudditi; così in ricompensa le vostre mani, il vostro cuore, la vostra intelligenza e tutte le facoltà della vostr’anima dovrebbero, oltre il vincolo comune della fedeltà e dell’obbedienza, esser più particolarmente legate a me, vostro amico, che ad alcun altro.

Wol. Affermo che mi son sempre adoperato per gl’interessi di Vostra Maestà molto più che pei miei; che vi sono affezionato, che lo fui sempre e sempre lo sarò, quand’anche tutti gli altri rompessero i vincoli del dovere che gli unisce a voi, ed espellessero dai loro cuori ogni sentimento di fedeltà. Sì, ove pure i pericoli mi circondassero così numerosi come il pensiero può imaginarli, e mi minacciassero sotto le forme più orribili, anche in tal caso il mio dovere e la mia affezione per voi rimarrebbero inconcussi, come la roccia contro il furore delle onde.

Enr. È parlar nobilmente. — Siate convinti, miei lórdi, che egli ha un cuore leale: voi lo avete udito rivelarlo dinanzi a voi. — Leggete questi scritti (dando a Wolsey le carte), e poscia colla fame che proverete andate ad asciolvere. (esce gettando uno sguardo sdegnoso sul cardinale; i nobili gli si affollano dietro, bisbigliando fra di loro e sorridendo)

Wol. A che accenna ciò? Da che procede questo cruccio subitano? Come me lo sono io meritato? Egli mi ha lasciato con uno sguardo minaccioso, quasi avesse voluto annientarmi. Era lo sguardo che il leone in furore getta, prima di divorarlo, sul temerario cacciatore che l’ha ferito. Leggiamo questo scrìtto... Temo non mi manifesti il soggetto della sua collera. — Ah! ecco il foglio fatale che mi ha perduto! Ecco l’inventario di tutte le masserìzie che ho accumulate pei fini miei, per comprarmi il papato soldando i miei amici di Roma. Oh! trascuranza fatale,