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ATTO TERZO | 351 |
Cat. E voi riducete al nulla la mia esistenza. Sciagura a voi e a tutti gl’ipocriti simulatori di virtù, quali voi siete! Vorreste voi, se aveste qualche sentimento d’equità, qualche commiserazione, se foste altra cosa, fuori che larve di giustizia, vorreste che rimettessi la mia causa disperata fra le mani dell’uomo che mi abborre? Oimè! egli mi ha diggià bandita dal suo letto: e da lungo tempo mi aveva bandita dal suo cuore. Sono vecchia, miei lórdi; e il solo vincolo con cui gli resto congiunta è quello dell’obbedienza. Che può accadermi di peggio di questa calamità? Son le vostre cure e il vostro zelo che mi profondano in questo abisso di miseria.
Cam. I vostri timori non reggono.
Cat. Son io vissuta sì lungo tempo (lasciatemi parlare per me, poichè la virtù non trova amici) da sposa fedele? sono io stata una donna che, oso dirlo senza vanagloria, non fu mai tocca dal più lieve sospetto? ho io sempre accolto il re con cuore pieno di tenerezza? l’ho io, dopo il Cielo, amato sopra ogni altra cosa? gli ho obbedito senza riserva? ho portato per lui l’affetto sino alla superstizione, dimenticando quasi le mie preghiere per soddisfare i suoi desiderii? Ed ecco come ne sono ricompensata! Oh! cotesto trattamento non è giusto, miei lórdi. Trovate una donna sempre costante nell’amore del suo sposo! una donna che non abbia mai avuto neppur in sogno un piacere che non fosse diviso con lui; e al merito di questa donna, allorchè ella avrà fatto tutto ciò che si può, allorchè avrà riempito doveri e sacrifizi, aggiungerò ancora una virtù che corona le altre, una estrema tolleranza.
Wol. Signora, voi deviate nelle vostre idee, e vi togliete al bene al quale s’addrizzavano le nostre intenzioni.
Cat. Milord, non mi renderò colpevole del delitto d’abbandonare volontariamente nobile titolo, che il vostro signore ha unito alla mia persona con un legame indissolubile: no, non vi sarà che la morte che possa operare il divorzio fra me e la mia dignità.
Wol. Di grazia, ascoltatemi.
Cat. Ah! piacesse al Cielo che i miei piedi non avessero mal calcata questa terra inglese, che non avessi mai conosciute le perfide adulazioni che vi abbondano! Voi avete volti da angeli, ma il Cielo conosce i vostri cuori. Che avverrà di me ora, povera abbandonata? Io sono la creatura più infelice di questo mondo. — Oimè! misere amiche (alle sue dame) dove sono adesso le nostre fortune? Naufragata sopra un regno dove non vi è nè pietà,