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IL RE ENRICO VII - ATTO TERZO | 349 |
Cat. Dichiaratelo qua. Non ho nulla fatto ancora, la mia coscienza me ne è garante, che richiegga l’ombra e il segreto: vorrei che tutte le altre donne potessero dire ciò, con animo così libero come è il mio! Miei lôrdi, io non temo (così grande è la mia saperiorità sopra molte altre donne) che le mie opere vengano esposte a tutti gli sguardi, o che l’invidia e le vili passioni possano riprenderle! Se il vostro oggetto è di esaminare la mia condotta di sposa, ditelo arditamente. La verità è ingenua.
Wol. Tanta est erga te mentis integritas, regina serenissima.
Cat. Oh! mio degno prelato, non parlate latino: non sono stata così neghittosa da che sono venuta in Inghilterra da non avere appresa la lingua che ho udito risuonarmi d’intorno per tanti anni. Un idioma straniero rende la mia causa più strana più sospetta agli occhi miei. Di grazia, parlate inglese: vi è qui taluno che vi ringrazierà se dite il vero per la sua infelice signora; perocchè, credetemi, ella è stata ben crudelmente trattata! Lord cardinale, il peccato più volontario ch’io abbia mai commesso può assolversi anche in inglese.
Wol. Nobile signora, son dolente che la mia integrità stessa, o il mio zelo per servire Sua Maestà e voi, anzi che guarentire la purezza dei motivi che mi animano, generino in voi così violenti sospetti. Noi non veniamo quali accusatori a cercar di oscurare il vostro onore che tutte le bocche esaltano e benedicono; nè a recarvi proditoriamente qualche dolore, che troppi, anche troppi ne avete, virtuosa regina! Ma veniamo per sapere che cosa avete decretato nell’importante controversia insorta fra voi e il re, onde darvi da uomini onesti e probi i nostri consigli e i mezzi che possono sostenere la vostra causa.
Cam. Onorata regina, milord di York seguendo il suo nobile carattere, e guidato da quello zelo e rispetto da cui fu sempre animato per Vostra Maestà, dimenticando da uomo da bene l’amara riprensione che vi è ultimamente sfuggita contro di lui, e che veramente spingeste troppo lungi, vi offre, come fo io pure, i suoi servigi.
Cat. (a parte) Per tradirmi! — Signori, vi ringrazio entrambi della vostra buona volontà. Voi parlate come gente onesta, e prego Dio che lo siate. Ma come darvi subito una risposta sopra cosa di tanta importanza, che interessa così da vicino il mio onore, e forse anche, ben lo temo, la mia vita, col mio debole giudizio, e ad uomini gravi e sapienti quali siete voi? In verità, nol saprei. Io mi intrattenevo, colle mie dame, di lavori del mio sesso, e non pensavo, Dio lo sa, nè a una tal visita, nè a un