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ATTO TERZO



SCENA I.

Il palazzo di Brideswell. — Una stanza nell’appartamento della Regina.

Si vede la Regina e alcune delle sue dame che stanno lavorando.

Cat. Prendimi quel liuto, fanciulla: la mia anima è addolorata e piena d’inquietudini; canta e sollevami se puoi: lascia il tuo lavoro.

Canzone.

«Orfeo toccava la sua lira, e tosto le querele si agitavano, e le montagne commosse per intenderlo piegavano le loro teste agghiacciate: ai divi suoni le piante e i fiori germogliavano, e potente come il sole e le estive rugiade, la sua lira facea nascere un’eterna primavera.

«Tutto si animava a’ suoi accordi; e le onde del mar mugghiante tacevano per udirlo: celeste è il potere dell’armonia che fuga i mesti pensieri, e un balsamo spande sui cuori esulcerati».

(entra un gentiluomo)

Cat. Ebbene?

Gent. Così piaccia a Vostra Grazia, i due cardinali stanno nell’altra stanza.

Cat. Chieggono di parlare con me?

Gent. Chieggono.

Cat. Dite loro d’entrare. (il gent esce) Che possono aver essi da dire a me, povera donna, venuta in tanto infortunio? Non amo questa loro venuta, ora che vi penso. Essi dovrebbero essere uomini probi: il loro ministero è un ministero di virtù: ma il cappuccio non fa il frate.

(entrano Wolsey e Campejus)


Wol. Pace a Vostra Altezza!

Cat. Voi mi trovate qui intenta alle cure di semplice massaia: ben vorrei esserne una a rischio di tutto ciò che può accadermi di più tristo! Che desiderate da me, venerabili prelati?

Wol. Se voleste, signora, ritirarvi nel vostro segreto appartamento, noi vi esporremmo il motivo della nostra visita.