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ATTO SECONDO 341


An. Non so che cosa potrebbe offrirgli la mia riconoscenza. Quel ch’io sono e molto più ancora, è nulla. Le mie preghiere non sono abbastanza sante, nè i miei voti abbastanza efficaci, nondimeno le mie preghiere e i miei voti son quanto io gli posso dare in cambio. Oso supplicare Vostra Grazia di essere l’interprete di tutti i sentimenti che può esprimere a Sua Maestà una fanciulla timida. Prego il Cielo per la conservazione de’ suoi giorni e della sua sovranità.

Ciam. Bella signora, non mancherò di convalidare la vantaggiosa opinione che il re ha concepita di voi. (a parte) Io l’ho ben esaminata, e l’onore e la bellezza, sono così felicemente accoppiati in lei, che sedotto hanno il cuore di Sua Altezza. Chi sa che da questa vaga donzella non derivi una gemma che rischiarar possa tutta quest’isola col suo splendore1. (ad aita voce) Vado dal re per dirgli che vi ho parlato.

(esce il Ciam.)

An. Mio amorevole lord.

Dam. Ecco, ecco il mondo: miratelo! Ho anelato per sessanta anni ai favori della Corte (e sto ancora in Corte per mendicarli), e non ho mai potuto trovar l’ora propizia per chiedere con buon successo il più piccolo benefizio; ora voi (apprendete cos’è il destino!) che siete da poco venuta qui... maledetta sia la bizzarra fortuna! la vostra bocca è colma di beni, prima che aperta si sia per dimandarli.

An. Cotesto pare strano a me pure.

Dam. Ebbene, qual diletto trovate nelle grandezze? Vi sembrano esse amare? Scommetto che no. T’ebbe già una dama (è storia vecchia) che non voleva essere regina; che essere non lo voleva per tutte le fertili messi dell’Egitto. Avete inteso parlare di tal racconto!

  • Dam. Voi siete in voglia di celiare.

Dam. Sopra sì bel soggetto potrei divertirmi, ed innalzarmi più dell’allodola. Marchesa di Pembroke! Mille lire all’anno! e tutto ciò per istima? per niun altro titolo? Oh, sull’anima mia! tal principio promette ben molte altre migliaia di lire. Nella veste della fortuna la coda è assai più lunga che non il drappo che sta dinanzi. Ora comincio a vedere che avrete la lena per sopportare una duchèa. Ditemi, non siete più forte che non eravate?

An. Cara signora, cercate nella vostra imaginazione qualche altro soggetto che vi allieti; e degnatevi lasciarmi in pace. Vo’

  1. Allude a Elisabetta.