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338 | IL RE ENRICO VIII |
Enr. Ed è con piacere che, stringendolo fra le mie braccia, io l’assicuro che egli è il ben venuto, e ringrazio il santo conclave della bontà che mi ha dimostra, inviandomi un uomo quale io lo desiderava.
Cam. Vostra Maestà merita a giusto titolo l’amore di tutti gli stranieri per la grandezza e la nobiltà de’ suoi procedimeati. Io vi porgo il brevetto della mia commissione, in virtù del quale (per autorità della corte di Roma) voi, milord Cardinale di York, siete unito a me suo umile ministro nell’esame e giudizio imparziale di questa controversia.
Enr. Due giudici equi! La regina sarà tosto istruita del motivo della vostra missione. Dov’è Gardiner?
Wol. Io so che Vostra Maestà l’ha sempre troppo teneramente amata, per rifiutarle ciò che la legge accorderebbe a una donna d’un grado inferiore al suo, cioè giureconsulti e un consiglio che possano liberamente difendere la sua causa.
Enr. Sì, essa gli avrà e scelti fra i più dotti; il mio favore sarà per quegli che la difenderà meglio: Dio mi guardi da ogni altro sentimento! Cardinale, ve ne prego, fate venire il mio nuovo segretario Gardìner: lo reputo un uomo di senno che ben mi giova. (Wolsey esce e rientra con Gardiner)
Wol. Datemi la vostra mano; vi auguro felicità e fortuna; voi siete ora tutta cosa del re.
Gar. (a parte) Per restar sempre agli ordini di Vostra Grazia, la di cui mano mi ha innalzato.
Enr. Avvicinatevi, Gardiner. (conversano commessamente)
Cam. Milord di York, non era il teologo Pace quello che occupava prima il posto di quest’uomo?
Wol. Sì.
Cam. Non era un dotto uomo?
Wol. Certamente.
Cam. Credete che si spargeranno cattive opinioni anche mi conto vostro, lord Cardinale?
Wol. Come! in qual modo?
Cam. Non mancherà chi dica che siete stato geloso di lui, e che, temendo che egli non s’innalzasse per la sua virtù e pel suo merito, voi l’avete tenuto lontano in negoziati stranieri; ciò che lo ha tanto afflitto ch’ei ne ha perduto la ragione, ed è morto.
Wol. La pace sia con lui! È tutto quello che un cristiano può augurargli. Pei malcontenti che mormorano sonvi luoghi di reclusione e di castigo! Colui era un insensato che voleva esser per forza virtuoso. — Quest’uomo che ne occupa il posto obbedisce