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ATTO SECONDO | 335 |
verità e torna a diffondersi più di prima, e sembra certo che il re vorrà questo divorzio. È il cardinale o qualcun altro di quelli che gli stan presso che, per odio contro la buona regina, han gettato nell’anima di Enrico uno scrupolo che finirà per rovinarlo. Quello che vieppiù lo conferma è l’arrivo del Cardinal Campejus, venuto, credo, per questo negozio.
1° Gent. Oh! fu Wolsey, senza dubbio, che l’avrà fatto per vendicarsi dell’imperatore che non volle concedergli l’arcivescovado di Toledo.
2° Gent. Credo v’apponiate: ma non è cosa crudele che quella sfortunata regina debba essere vittima di tal rifiuto? il cardinale riescirà a quanto agogna, ed ella sarà immolata.
1° Gent. È un orrore. Noi siamo qui troppo all’aperto per ragionare di tali cose; entriamo in luogo più sicuro e ne favelleremo con libertà.
(escono)
SCENA II.
Un’anticamera nel palazzo.
Entra il lord Ciambellano, leggendo una lettera.
Ciam. Milord, ho posto tutta la cura in bene scegliere i cavalli che mi dimandavate. Erano giovani e belli e d’una delle migliori razze del nord. Quando stavano ammaniti per venire a Londra, un uomo di milord cardinale, munito di una commissione e di un potere assoluto, li prese dicendomi che il suo signore doveva esser servito a preferenea d’ogni altro suddito, se anche nol doveva essere prima del re: la qual risposta ei chiuse la bocca. — Temo infatti ch’ei ben nol voglia. Faccia il suo senno e se li tenga; ei vorrà aver tutto, io penso.
(entrano i duchi di Norfolk e di Suffolk)
Nor. Ben trovato, mio buon lord Ciambellano.
Ciam. Buon giorno a entrambi, signori.
Suff. Di che si intrattiene ora il re?
Ciam. Lo lasciai solo e ingombro di tristi pensieri e di turbamento.
Nor. Qual n’è la causa?
Ciam. Sembra che il matrimonio colla moglie di suo fratello agiti la sua coscienza.
Suff. No; è la sua coscienza che si è avvicinata troppo ad un’altra signora.